giovedì 19 maggio 2016

Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti

Talora è giusto accettare consigli su letture o ascolti o visioni, che , per mille ragioni, noi rifiutiamo da una vita. Sai, come è? Abbiamo i nostri scrittori e artisti di riferimento, ma abbiamo anche quelli da lista nera.  Ammaniti era uno di questi. Forse lo rimarrà, devo leggere altro per capire quanto mi piaccia o meno.
Rimaniamo però su codesto romanzo del 1999, fine secolo e fine millenio, che a Ischiano Scalo quanto pare non sentono affatto, o quantomeno non è su questo che si centra il romanzo.
Ti prendo e ti porto via narra di un paese e dei suoi abitanti. Chi come Graziano ha girato il mondo suonando la chitarra e facendo il latin lover, chi come Pietro ha vissuto sempre lì i suoi dodici/tredici anni in una famiglia mostruosa, ma non perchè particolarmente strana, ma perchè normalmente disfunzionale, e così di seguito tutti gli altri personaggi. Per nulla piacevoli e degni di stima, ma a loro modo così "piccoli e fragili" da esser compresi. Si "vede", si "tocca" e "sente" questa umanità  gretta, a volte meschina, ma anche piena di malinconica dolcezza, di momenti fugaci in cui si palesa autocritica, voglia di amare, eppure votata al fallimento, a una splendida agonia di mortificante mediocrità.
Ci sono i bulli, gli sbirri che cercano pateticamente un riscatto sociale spaventando una coppia di ricchi alternativi, c'è il bidello che tenta di sfruttare una situazione di vandalismo all'interno della scuola, in un affare di gloria personale e di danaro.
C'è un mondo che distrugge le persone candide, buone, timide. Perché si lasciano trascinare dai cretini, dai disadattati, perché non abituati al male, quello piccolo, sciocco, quotidiano, fatto di piccole angherie, delinea un mondo dove cretini di ogni età dominano su dei poveracci che per troppo candore finiscono vittime di tragici eventi. Portando e ricevendo dolore e morte.
Ischiano Scalo, terrificante paese di sottocultura proletaria e sogni di gloria provinciali, è un girone infernale per i personaggi come Pietro e Flora, segnati già nella famiglia, distrutti dalla società.
Il lettore non può che partecipare e commuoversi per le disavventure di Pietro, Flora, Mimmo, Patti, e Graziano. Eroi tragici di una commedia ttragicomica che è la vita.





Oltre a questo l'autore ci avverte su come non si possa giocare, anche in buonafede e maldestramente, con la vita altrui. Che l'amore e la felicità sono cose fondamentali e importanti e non possono esser sacrificate al dolore e alla morte, per colpa di un cretino che pensa a sé stesso e non capisce che per una donna mai amata, certe parole e gesti sono importanti.
Quante volte abbiamo incontrato o siamo stati noi stessi, il male è di bocca buona do coje coje e si accontenta anche di noi moralisti radical chic eh,  persone che fanno promesse a cuor leggero, senza responsabilità verso le parole, i gesti, i sentimenti? Molte volte. Una pratica abominevole e disumana, che detesto.  Perché mentre per noi è solo una scommessa con noi stessi, su quanto possiamo conquistare e far nostra una persona, peraltro in difficoltà perché non conosce la vita e l'amore, per altri è la svolta, la grande occasione, è l'amore assoluto e totale. Non c'è nulla di peggio che ingannare una persona innamorata, sopratutto se l'ingannatore è una persona che agisce per vendetta e rancore contro una ex.
Si, è una lettura dolorosa, per quanto talora divertente, ma necessaria, commovente, epica.
Rendere memorabili gli ultimi, gente mediocre, rivoltante e patetica non è da tutti. Mostrare dietro a tutto questo una parvenza di umanità è da scrittori davvero notevoli.  Non scrivo ora che Ammaniti, improvvisamente, sia diventato uno dei miei scrittori preferiti, ma in questa opera ha dato vita a un universo di anti eroi straordinari nel loro esser così mediocri e unici.