domenica 21 agosto 2016

ITALIA di FABIO MASSIMO FRANCESCHELLI

Debutto letterario davvero notevole per Fabio Massimo Franceschelli , il suo libro " Italia" è un avvincente storia corale e di apocalisse quotidiana, che rimandando ai lavori di un Niccolò Ammaniti,  descrive benissimo questo periodo quasi eterno di crisi sociale e individuale. Italiano, ma non solo.
Quasi come fosse una visione decadente, spezzata, tormentata, del "quarto stato", i personaggi di codesto ottimo libro, si muovono verso di noi lettori portandoci tutta la loro miseria di vivere. Tutti sono accomunati da un malessere esistenziale e sociale, quasi come se tutto questo male, questa mancanza di ideali, di interessi sinceri verso l'altro, questa povertà vestita di merci, violenza, solitudine acida e amarissima, fosse un'onda maestosa e appiccicosa di pece pronta a sommergerci.
Ci toglie il fiato la lettura di Italia,  perchè è dolorosa, amarissima, e in quella folla di perdenti e sconfitti, nonostante alcuni facciano lavori considerati "prestigiosi", c'è il terribile vuoto di un'umanità prossima all'estinzione, ma che un dio balordo e con un grande senso dell'umorismo, non concede a essa nemmeno una bella dipartita. Solo una cupa sofferenza, rabbia repressa, rapporti precari come il lavoro.


Per me, è un'idea che mi è venuta ora del tutto estemporanea, però io mi innamoro sempre delle mie idee e dei miei pensieri, sono i benefici di esser egocentrici, un buon autore è uno che sa creare immagini forti ed evocative.  Franceschelli, è particolarmente dotato per questo: il corteo silenzioso dei lavoratori del centro commerciale,  il minaccioso stormo di gabbiani, sono immagini ricchi di possanza. Da una parte, il corteo interno, in poche righe ci viene mostrato chi sono i lavoratori oggi. Mandrie portate al massacro, disuniti, perché parlare di unità in tempi di sfrontato, aggressivo, infelice individualismo, non ha più senso. Il lavoratore senza coscienza di classe, senza riconoscere le sue autentiche radici, senza solidarietà con gli altri, non è niente. Anzi meno. La democrazia ti fa fare le tue sfilate depresse o peggio ancora piene di slogan arrabbiati, come un padre permette al figliolo di piangere e arrabbiarsi, ma tanto poi- quando l'infante si stanca- lo mettiamo a dormire all'ora che abbiamo deciso noi. Ecco questa è la democrazia liberale: fai casino, urla, piangi, o rimani in silenzio. Tanto noi abbiamo la legge del mercato, la religione del denaro, dalla nostra parte. Pensare che oggi molti parlano del lavoro come di una cosa meravigliosa, che ti dà un ruolo e una missione sociale, mi fa solo ridere.
L'autore, però, ci mette una tenerezza disarmante nel descrivere questi lavoratori, come è evidente anche per gli altri personaggi. A distanza, rispettoso e pudico, evitando il ciarpame ridondante di frasi o passaggi retorici e melodrammatici, ma mostrandoci la fauna umana e la sua normale, naturale, disperazione. Che siano bulli di quartiere in divisa, uomini delle risorse umane, traffichini loschi, vecchi e ridicoli latin lover, donne spezzate dall'amore sbagliato, lo scrittore non condanna o giudica, non ti dice: va che coglione questo, ci arrivi tu lettore. Eppure, mi sento di dire, non c'è quella vigliaccheria tipica dei mediocri, che tanto va di moda oggi: non giudicare, non criticare. Tutto il libro ha una tensione quasi biblica, di una fortissima religiosità laica, che non lascia spazio a facili giustificazioni e compassioni. La Cattedrale, si chiama il centro commerciale dove è ambientato il romanzo. Non a caso, ma perché lì, un popolo che si crede libero poiché ha voltato le spalle all'idea nobile di dio o di una sana e preziosa ideologia, va a confessarsi, fare penitenza, celebrare la grandezza del creato, aspettare miracoli sotto forma di sconti.
Il libro è la visione allucinata di questa Babele. di questa terra di peccatori senza gioia di peccare, visto che il vizio, la trasgressione, la deviazione. sono materiali di massa e di consumo.
L'apocalisse, la natura che per un momento si rammenta di esser cacciatrice e maligna, non certo quella cosa da metter su facebook per ritrovare una delicatezza e dolcezza che non troviamo nei nostri simili, esplode e non potrebbe fare altro che in un luogo simile e tra personaggi simili.
Lo stile di  Franceschelli è limpido, tagliente, fatto di poche immagini che però spiegano benissimo il vissuto del personaggio.. Si nota una certa epica trattenuta, centellinata con parsimonia, ma mai troppo minimalista, mai accomodante, certo, però - grazie a josip vessarionovic dszughavili- nemmeno compiaciuta, cinica un tanto al chilo, pulp, molto pulp, pure troppo
Equilibrio teso, ecco come si potrebbe definire il libro .
Opera molto visiva, con forti agganci al cinema, non vuol dire che sembri una sceneggiatura, non sotto intende nulla di  critico, dico solo che è un libro molto basato sulle immagini, sul vedere, dove l'azione è pensiero e non viceversa.
Non mi dispiacerebbe veder una trasposizione cinematografica di questa splendida opera di debutto. Sopratutto le pagine conclusive sono potenti e cariche di epica apocalittica, da lasciar senza fiato.
In ogni caso, non badate a codesta recensione non proprio professionale, comprate questo libro.
Per voi, per la vostra/o amata/o, per un amico, pure per il vostro cane. Non importa, per chi, ma compratelo. Avrete tra le mani un oggetto misterioso, che filtra il genere e il pamphlet politico-filosofico, per costruire un avvincente ibrido.

lunedì 15 agosto 2016

La versione di c. di Cristiano De Andrè

L'uomo e l'artista. Questo scontro forte, violento, doloroso, non viene compreso e capito da molti. Si pensa che un grande artista, un uomo che sa far vivere le parole, trasformarle in diamanti preziosi, e in emozioni eterne, abbia anche qualità morali ben superiori all'uomo comune. Non è così. Spesso sono persone tormentate, fragili che fanno male a sè stesse e agli altri, padri assenti, uomini violenti, persi nella bottiglia da scolare o nelle droga, o nella più totale assenza verso i propri famigliari.
Un vecchio film di totò si intitolava: siamo uomini, non caporali. Ecco potremmo dire: siamo uomini, non artisti  con la coscienza immacolata, senza problemi e zone buie.



La versione di c è una toccante, commovente, durissima autobiografia, che supera il mero esercizio di descrivere una vita vissuta al fianco di uno dei più grandi cantautori italiani, e non solo.  Va oltre l'elenco degli amici del mondo dello spettacolo e dell'arte, nomi fondamentali e importanti, o della descrizione di come nasce un disco e una tournè.  In questo libro Cristiano De Andrè, si mette a nudo, con grande e sofferto coraggio. Ce ne vuole per metter nero su bianco la grandezza dell'artista e la debolezza dell'uomo, sopratutto di due uomini: padre e figlio.  Fabrizio, il poeta, il grande e stimatissimo artista. anche tanto assente nel rapporto con il figlio, in particolare durante l'infanzia e adolescenza. Cristiano testimone del naufragio dei genitori. Litigi, botte, una madre troppo fragile che getta la sua rabbia sul figlio, la sua solitudine e disperazione sul figlio. Poi arriva la droga, l'alcol, un terribile viaggio di studio in Inghilterra che si trasforma in dolorosi giorni di malattia, abbandono, quasi morte La sofferenza per il sequestro del padre e di Dori Ghezzi, il gesto di perdonare i propri rapitori che divide ulteriormente parte della famiglia. Il rapporto molto bello con il nonno, il padre di Fabrizio. E poi un matrimonio che finisce male, come altre relazioni, i figli messi contro dalla ex moglie. La paura di non riuscir a riprendere un rapporto con loro.
Ci sono anche i concerti, la soddisfazione per la seconda posizione a San Remo, con quel capolavoro che è Dietro la porta, i tanti musicisti e produttori che hanno aiutato l'autore a esser migliore come uomo di musica e anche umanamente. Perché nella vita non è mai completamente musical, ma nemmeno totalmente tragedia.
Un libro importante, potente, forte, il mettersi a nudo di un uomo ferito, fragile e forte allo stesso tempo. Un musicista, ottimo sottolineiamolo bene, che deve confrontarsi con il peso di esser figlio di un immenso artista, libro che in un certo senso ci fa capire che il figlio di un cantante famoso, ha gli stessi problemi famigliari e di relazione anche di un figlio di operai o impiegati, perché possono cambiare le ambientazioni, ma non il male di vivere, l'incapacità di comunicare amore, affetto, bisogno di aiuto.
Non c'è rivalsa, odio, vendetta, in questa opera letteraria davvero notevole. C'è tantissimo dolore, sofferenza, rimpianto per parole non dette, carezze non ricevute o date, desolazione per la fine del matrimonio dei genitori e per il proprio, questo sì. Ma anche moltissima compassione, pietà, una così preponderante umanità su tutto e tutti.
Avrebbe potuto scrivere un libro agiografico, riportando quello che i fans vogliono leggere, o abbandonarsi al rancore, non l'ha fatto
Ci ha donato la vita nella sua gioia e nel suo dolore, di due straordinari artisti. Un dono prezioso che non dobbiamo ignorare

giovedì 11 agosto 2016

LA VITA CHE SI AMA - storie di felicità di ROBERTO VECCHIONI

Una delle cose belle, nel fatto di aver uno o più blog poco letti, è che hai il potere di evitare grosse figuracce. Certo molti diventano blog star anche per quel motivo. L'effimera gloria in questi tempi vacui e fragili, passa anche da lì. Dicevo: ti leggono in pochi, pochissimi. Meglio così. Che io scrivo per me, principalmente, poiché nella parola scritta riesco a esprimere i miei sentimenti e idee. Sentimenti e idee, che sicuramente fregano poco assai a un artista come Roberto Vecchioni.
Non so come avvenga, ma nella vita di ognuno di noi ci sono le persone speciali. Chi sono costoro? Quelle che in un modo o in un altro ti insegnano a vivere. O meglio a dar un senso alla vita. Che altrimenti sarebbe un esercizio di stile per nichilisti annoiati. E io non sono né nichilista né annoiato, semmai spaventato, affascinato, stordito, meravigliato, angosciato, incantato, di fronte alla vita e alle sue scintillanti tristezze e splendide gioie.
Quando ami ti senti sicuramente più forte, ma sei anche soggetto a momenti di dolore, fragilità, ti chiedi: " e se finisse?". Ecco, io -nonostante tutto-amo questa cosa assurda e straordinaria che è la vita e per tutti codesti motivi, non potevo che apprezzare un libro che si intitola: la vita che si ama.


  

In questo libro si parla di una cosa tanto cercata, ambita quanto disprezzata e criticata: la felicità. Che non ha nulla a che fare con l'entusiasmo o la serenità, false piste, miraggi nel deserto dei sentimenti precari, nel mondo delle illusioni e delle libertà inconsistenti.No, signori, essa, è materia assai seria. Non per tutti, quelli che si crogiolano nella vigliaccheria del proprio imbruttimento, che vivono solo per gioire del dolore altrui, ecco non solo non la conosceranno mai, ma sono indegni di essa. Senza alibi di sorta. Senza giustificazioni. Devi impegnarti a fondo per trovarla e gettarti nella tempesta e nel vento, ecco quella è la felicità.
Che si accompagna con il dolore, dandosi pacche sulle spalle, ubriacando l'anima delle persone. Tutto qui. Nei racconti del libro troverete questo. L'incanto per aver trovato la donna della nostra sciagurata vita, e quindi il desiderio di sfidare il tempo per esserci da e per sempre. Che bambina eri? E che ragazza? E ora? Come invecchieremo insieme? Si parla di una casa che ha visto i momenti migliori e la tragedia che colpisce un figlio, di colleghi impazziti per un passaggio particolare, una traduzione di una poesia, di un padre che giocava il cielo a dadi, di ragazzi innamorati, di come nacque "luci a san siro".
C'è dentro la vita mescolata, condita, impreziosita dalla forza immaginifica del racconto. Si, carissimi miei: a noi piace raccontarcela la vita. Non per sfuggire da essa, ma per aiutarla, che anche lei ha bisogno di esser vezzeggiata, coccolata, di sentirsi dire cose belle ed epiche. Perché l'arte che sia altissima o da pian terreno, ha questo di bello: la giustizia. E quindi puoi sistemare le cose che andrebbero sistemate, o raccontarle per quelle che sono. Sopratutto però, cosa fondamentale, tenendo ben presente una cosa: i sentimenti, proprio loro, sono alla base di ogni cosa.
Io ho trovato questo libro un piccolo e prezioso contributo alla felicità. Potrebbe accompagnarvi casomai voleste avventuravi sulla e per la strada che porta ad essa.

Queste poche parole che ho scritto le dedico a mia moglie, che mi ha indicato due anni fa, il mio piccolo e sgangherato sentiero che porta alla felicità per quelli che come me forse se la sono voluta negare per troppo tempo. A lei che ascolta Guccini, ma dà retta a Vecchioni . E a voi, per il tempo che state regalando alla lettura di questo post.