giovedì 17 novembre 2016

COLPI AL CIUORE di K. HOTAKAIANEN

Lo so, mia moglie mi dice che dovrei scrivere una prima bozza, poi rileggerla un po' di volte e riscriverla. Così vengono fuori le cose migliori. Scritte, rilette, riscritte. Pensate, razionalizzate, ordinate. Ci ho anche provato con qualche mia riflessione cinematografica,  e- come sempre-lei ha ragione. Serve anche per trovare parole giuste, esser meno dispersivi.
Io però di fronte a un libro così urgente, potente, forte, commovente e divertente, non so.. Mi pare di far un torto al suo autore e sopratutto a Raimo e Illona, se dovessi trattenere la spontaneità delle parole di fronte ad altre parole così piene di pathos e  di senso dell'ironia.

Perché , è vero, codesti nordici hanno tanti difetti ( uno su tutti il pessimo clima) ma sanno scrivere/descrivere, filmare/rappresentare, benissimo la fragile amarezza della vita, le sconfitte e i dolori e quel pizzico di malinconica goia, che non sistema nulla, ma ti porta a star in piedi, barcollando, contro il Grande Nulla, il Buio di una vita spesa in posti dove fa sempre freddo e c'è un tempo orribile.
No, però non credo sia solo questo! I personaggi! Signori miei, i personaggi! Che diventano persone, esseri di carne e sangue e ossa pestate dal tempo, dalla vita che non va come dovrebbe andare, Raimo e i suoi sogni di grandezza, la sua voglia sfrenata di fare cinema, il suo sentirsi un grande esperto e sopratutto "amico" di quella gente, strana e solitaria, che son in un certo numero i cinematografari.
La parola dà e la parola toglie, penso che gran parte delle nostre sbronze di velleità artistiche, siano dovute ad esse.  Regista, attore, celebrità, star. Scrittore, drammaturgo, poeta.  Capisci? Sono parole così cariche di significati che ti inebriano e ti donano splendidi delirium tremens.  "Un giorno lavorerà con Von Trier o Moretti", " e ma tanto tra poco andremo a Roma, li ci stanno gli scrittori. Quando torno a Firenze avrò il mio tavolo d'onore da Scudieri o Scuderi, tanto sono io il nome di richiamo non il locale", "scriverò cose bellissime, ho tantissime idee. Non faccio altro che scrivere storie nella mia testa e le lascio libere. Di disperdersi, di annientarsi. Che gesto da vero artista" Ma se incominciassimo a chiamarli: "cinematografari", con tanto di ao? La Struggente, Grande, Bellezza della nobilissima lingua romana, sta tutto qui: sei un cazzo di lavoratore. Non fai bulloni, fai storie, finzione, roba falsa che ti serve per pagare casa, alimenti, e troie. Sei uno come me, che sogna di stare bene e intanto vive di quel che può e non vuole. Scrittore e bla bla bla, no: parolaio. Come me, come tutti i Raimo del mondo, no? Campiamo di parole. I fatti li lasciamo a chi è maturo al punto giusto, da accettare la mediocre essenza della vita.
Poi scopri che la vita non è così disastrosa: hai una famiglia, dei figli, una moglie. Perché quando hai una persona che ti ama, cambia tutto. Lo dicevo a Raimo, cosa stai facendo alla tua famiglia? Per inseguire un sogno balordo, senza senso, tu non sei un esperto di cinema. Sei, come ce ne sono tanti, uno che stravede per prodotti dozzinali, per mestieranti, sei un operaio. Appartieni alla classe operaia, abbandonata, sola, molti vanno a lavorare in Svezia. Tu no. Tu, va dato atto e ti rispetto, hai deciso che il lavoro non ti rovinerà la giornata. Non diventerai schiavo dei curricula, dei parolai al servizio del mercato. Tu sei uomo di cinema. Lo pensi perché scrivi lettere a un regista che ti odia, rompi le scatole alla tv pubblica ogni giorno. Perché vuoi che trasmettano i tuoi sciocchi film di inseguimenti e ammazzamenti
L'occasione della tua vita, povero pirla di un Raimo, arriva quando - per scappare alla mafia- arriva la troupe de Il Padrino. Pensi di lavorare come assistente, pensi che sarà la grandissima occasione. Tu sei depresso, stai male, ma come ogni maschi, ogni uomo, sei anche scemo. Non diciamo mai: sono depresso, non ce la faccio. Si beve, si inventano bugie, si crede che la volta è buona, si scopa e ci si ubriaca. I sentimenti fanno paura, le lacrime e il pianto vietati. Anche quando, e noi sciocchi maschi lo sappiamo benissimo, abbiamo voglia di piangere tutto il giorno. Sulle nostre macerie, ma no: bisogna credere, combattere, obbedire. Lo stronzo che ha inventato questo slogan del cavolo, ha finito la sua vita facendo da orologio a pendolo. Raimo, poco a poco le cose crollano

Un libro spiazzante. Di quelli che leggi divertendoti, trovando belle le trovate surreali, e poi piano piano, ecco: il dolore di vivere. La sciocca testardaggine umana, di rovinare l'amore. Distrutti dal lavoro, dalla responsabilità di essere madre senza marito a darti una mano, di esser padre, di vivere.
E le cose quando crollano fanno male, troppo per personaggi che ormai ami profondamente.
Sì, possiamo anche amare i personaggi di un film o di un libro. A me capita sempre.
 Si ride, ci si commuove e alla fine saranno le lacrime di persone dotate di sensibilità a trionfare. Per un finale tenerissimo, amarissimo, struggente.
In  mezzo tantissimo amore per il cinema, tantissima pietà per quelli che si perdono, non ce la fanno, e nonostante ciò barcollano, cercano di vivere e di far trionfare i loro sogni. In qualche modo, forse, sarà anche possibile
Opera da leggere, da tenere nel cuore.
Scusate per la cascata di parole, di frasi, di cose, scritte qui. Forse dovrei metter ordine e razionalizzare, ma la parole sono dinamite. Esplodono nel cuore e fanno tremare il sangue quando si legge qualcosa che ci tocca così profondamente

Nessun commento:

Posta un commento