lunedì 18 luglio 2016

Stupore e Tremori di Amèlie Nothomb

Stupore e tremori, così ci si doveva presentare dinnanzi all' Imperatore del Giappone, in questo modo vivono gli impiegati giapponesi nel confronto gerarchico con le autorità della loro azienda. Atteggiamento difficile da comprendere per un occidentale, ma credo che anche da noi i rapporti capi e dipendenti siano regolati da dinamiche di rapporti di forza semmai sono i contorni e le sfumature a far le differenze.
La storia  è quella autobiografica della protagonista Amèlie , figlia di un diplomatico, costei nasce e cresce in Giappone. In questa nazione vi passa l'infanzia, sicché vien facile mitizzare il luogo e gli abitanti.
Tornerà anni dopo, ormai grande, nei primi anni 90. Trova lavoro in una megaditta che sarebbe onore e vanto per Fantozzi, e comincia la sua avventura tragicomica in un mondo alieno e ostile.



Il mondo della Yunimoto si palesa per un mondo/universo assurdo e grottesco se visti con gli occhi di uno che non è nato e vissuto in Giappone. La rigidità dei comportamenti, la dedizione quasi masochistica nei confronti dell'azienda e dei suoi capi. Un mondo dove tutto si regge sulla "facciata" e la formalità. Quasi del tutto privo di emozioni e umanità.
La protagonista vive un anno di terribili avventure che scatenano l'illarità nel lettore, ma son risate a volte amarissime.
Si trova a svolgere tante mansioni: servire il caffè, occuparsi di far un rapporto sul burro da usare per una delegazione belga, occuparsi di cambiare giorni e mesi nel calendario, controllare le fatture e altro. Combinerà sempre dei pasticci volente o no. Non mancano i momenti di grande umorismo. Sopratutto nello scontro con la sua superiore Fabuki
Fino alla sorpresa finale.

Un libro che si legge velocemente, cattura l'attenzione del lettore grazie alla scrittura brillante e ironica di Nothomb,  ci fa riflettere perché quel tipo di non vita, sacrificata a un lavoro  che spesso nemmeno piace,  dedicata alla produzione di cose che non ci appartengono, basata su rigidi rapporti formali di autorità lavorativa e non solo, più o meno si vivono anche da noi. Solo che qui il lavoro è diventato con il tempo pessimo, i capi assomigliano a quelli giapponesi nell'arroganza, ma non nell'efficacia , se vuoi vederci delle differenze, ma credo siano minime. Per il resto il lavoro serve per sostentamento, ma non deve esser mai la vita. Mai. Non ci deve alienare e snaturare per un posto di lavoro, non si deve esser obbligati alla birra con i colleghi, tornare a casa tardi, non riuscire a stabilire rapporti profondi con la famiglia, perché l'azienda ci prende tutto. Per primo: la nostra vita e umanità.
L'autrice descrive, parlando della sua superiore con la quale vive un rapporto conflittuale per tutto il romanzo, con una piccola sorpresa nel finale, delle condizioni femminili in Giappone, non proprio allegrissime.
Il tutto viene sempre filtrato con umorismo, ma la sostanza è spesso tragica.
Nonostante questo sarà per Kurosawa, Ozu,  Kore-eda, sarà per i cartoni animati e per certi loro scrittori, al Giappone un po' - pochino- di bene gli vogliamo.
Un bene pieno di stupore e tremori

mercoledì 13 luglio 2016

IO UCCIDO di Giorgio Faletti

Quante cose ci perdiamo per colpa dei pregiudizi? Direi molte. E quanti pregiudizi abbiamo del tutto futili, immotivati, basati su pensieri astratti circa cosa e chi sia un buon libro o un buon scrittore. Prendiamo per esempio : Giorgio Faletti. Si era deciso, alcuni, che essendo un comico non fosse in grado di scrivere romanzi di alto spessore, ma robe dozzinali. Che fanno soldi e vendono, per questo chiaramente devono esser brutti.
Invece Faletti era un grande artista, capace di farci ridere con i suoi personaggi al Drive In, di portare a San Remo una canzone meravigliosa come " l'assurdo mestiere" e di scriverne tante altre di belle per molti importanti artisti italiani, e infine un buonissimo scrittore.




Opera di debutto che segna la nascita di un romanziere di thriller che nulla ha da invidiare ai famosi colleghi americani. Opera di largo respiro internazionale, che gioca alla grande  La storia è quella classica di un pericoloso e inafferrabile serial killer, c'è l'ex agente fbi tormentato da un passato carico di sensi di colpa, l'amico commissario della polizia di Monaco, un dj che riceve telefonate dal pericoloso criminale. Ci sono delitti di assoluta ferocia e brutalità, ma a render suggestivo il romanzo ci sono i personaggi.
Faletti mostra una dote naturale nel saper descrivere un'atmosfera di grande malinconia e di donare a tutti i personaggi, più o meno, sprazzi di potente umanità. Fragile, dolorosa, intensa.  Così ci mostra esseri umani dominati dal destino o che devono far il conto con esso, sfidandolo, vedendo se è possibile cambiarlo, almeno un po'. C'è chi ha perso una moglie, chi un figlio, chi è diventato un pazzo per un padre crudele e per l'amore nei confronti del fratello. Il tutto immerso nel mondo dorato di Montecarlo, con i suoi personaggi famosi, il danaro, il lusso sfrenato, la ricchezza. Faletti mostra il vuoto e la tristezza che c'è dietro e lo fa benissimo.
Il romanzo funziona benissimo come puro thriler: colpi di scena,  omicidi truci e crudi, tensione, non manca nulla. La carta vincente è proprio l'evoluzione e la descrizione di ogni singolo personaggio, come King, Faletti riesce a dar spessore a ogni comparsa in questo libro monumentale, quasi mille pagine, fondendo il ritmo del genere con sprazzi di toccante umanità.
Frank Ottobre è un protagonista difficile da scordare, come la sua storia d'amore con la figlia di un bastardo generale americano.. Se il dolore può renderci schiavi e portarci alla follia, come capita al serial killer- capace però di un momento di tenerezza per un amico oligofrenico- può anche esser un mezzo che fa conoscere l'amore della nostra vita e poi insieme possiamo e dobbiamo susperarlo.
Romanzo meno banale di quanto si possa credere. Romanzo che merita di esser letto e amato.

martedì 12 luglio 2016

THE DOME di STEPHEN KING

Visti, osservati, da altra angolazione e distanza, che differenza c'è tra noi esseri umani e gli insetti?Siamo in tanti attaccati l'un all'altro nelle nostre città, nei nostri paesi, ci sentiamo importanti nel bene e nel male, perchè vivi e quindi dotati di sentimenti,  sogni, obiettivi. Ci si innamora, di una donna, di un cane, di un'idea. Sopratutto ci piace quella dolce illusione chiamata : libertà.  Ti sposti da una parte all'altra, cambi amicizie, amori, sempre libero e in movimento. Tutto ti appare più sostenibile. Ma se tu fossi costretto a rimanere fermo, immobile, in un solo territorio? Che accadrebbe? Come si comportano gli esseri umani, in costrizione?
Leggete The Dome e lo saprete.



Come sempre lo scrittore del Maine ambienta la sua storia in una piccola cittadina di provincia americana. Nel locale, nel piccolo, nelle vite apparentemente ordinarie, si nasconde il messaggio universale, che parla a tutti noi, circa le nostre glorie e cadute. Il bene e il male agiscono quasi sempre e quasi dovunque alla stessa maniera. Lui ti descrive Big Jim e ti viene in mente che di individui simili, ne hai conosciuti anche in Brianza Come anche tanta brava gente come Rusty, Dale e così vicini a noi
Come sempre, più che l'elemento fantastico e le pagine ricche di particolari macabri, contiamo noi: contano gli esseri umani  L'abilità di King è di dar peso e sostanza anche a chi compare per pochissimo nella storia, giusto per farti star male quando muore. Ogni essere umano è importante, e la sua morte non deve stuzzicare i tuoi bassi istinti, ma colpirti, far male.

Così come impareranno i cittadini di questa cittadina, costretta a rimanere esclusa dal resto del mondo, da una stranissima cupola che li ha rinchiusi e tagliati fuori dal mondo. Questo inaspettato evento porterà a galla le personali ambizioni, i misfatti, i crimini e anche la solidarietà, l'unione, l'amore, tra il giovane protagonista ex veterano della guerra in Iraq e la giornalista locale. Si mette in scena lo scontro tra dittatura, con la scusa della situazione d'emergenza e di dar sicurezza e ordine alla città, e democrazia umanista, che cerca in quel contesto di mantenere i sentimenti, le relazioni, la lucidità necessaria.

The dome è un libro anche molto  tragico. La morte colpisce anche innocenti, vittima della follia dei mediocri. Perché ci dice anche questo: tu dai la divisa a un cretino e quello si sente un padre eterno, per cui si sentirà in diritto di vita e morte sulle vite degli altri.  In bilico tra pessimismo, e la ricerca di uno sguardo più felice e partecipe sul destino, la vita, dell'umanità, la lettura scorre veloce ed avvincente per le sue oltre mille pagine.  Si detesta i cattivi come Big Jim o suo figlio Junior, si ha pena per le vittime, si spera che i nostri personaggi preferiti possano uscirne vivi. E nel frattempo: uomini, donne, bambini, anziani, animali, tutti bloccati e rinchiusi aspettano di poter esser liberati. Sarà il governo o forse entità di altre galassie? Forse solo dei bambini che ignari di tutto procurano dolore, come ci viene facile farlo noi? Non ve lo dico. D'altronde The Dome è anche un libro politico che parla dell'America e delle sue contraddizioni, tra deliri di conquista e dominio, con Dio usato per nascondere ogni nefandezza, ossessionata dal potere e dal denaro e un'altra America, quella che ci piace di più, che guarda alle persone e alla loro vita: decente e libera. Per me la seconda è pura fantasia, ma vivendo in una sua (ex) colonia, non posso non sentirne l'influenza politica, culturale, sociale.

Libro avvincente, entusiasmante, che dona personaggi indimenticabili, un finale commovente. E qualcuno osa dire che King non sia un grandissimo Autore! Meritereste di passar la vita con Big Jim e i suoi scagnozzi. A noi piace l'umanità e teniamo nel cuore Dale, Rusty, Julia, alla quale è affidata il bellissimo finale. Noi siamo per l'umanità che resiste, perchè libera e fiera di amare. Cupola o meno.

lunedì 11 luglio 2016

Cipì di Mario Lodi

Che fine ha fatto la " narrativa per bambini"  ? Esistono ancora libri educativi per i più piccini? Molto probabilmente sì. D'altronde i bambini continuano a nascere, per cui la necessità di aver libri di formazione per i bimbi, non penso sia del tutto tramontata. Esattamente come per la poesia, penso che la narrativa infantile sia un pianeta a sé, nell'universo ampio e infinito della letteratura. Il compito di aiutare i più piccini a comprendere i meccanismi della vita, attraverso il discorso della fiaba, va oltre la semplice abilità narrativa. Cè forse un po' di psicologia, e non solo. Però è fondamentale, necessaria, importante. Spesso viene liquidata come cosa per bimbi, nel senso dispregiativo del termine. Cioè qualcosa di semplicistico, banale, sentimentalista. Ma anche se fosse? Va bene così. Ci penserà la vita a renderlo un adulto qualunquista e pressapochista che legge e cita la Fallaci a cazzo di cane. Lasciamo che da bimbi, l'incontro con i libri e il piacere di leggere, avvenga sotto la luce splendida splendente di storie emozionanti, semplici, dirette, eppure ricche di simbolismi e metafore,per insegnare a loro che la meraviglia per la vita, l'amore, la morte, il dolore, è la cosa che ci rende umani.




Ok, è andata così: avevo la febbre, giusto? Direi proprio di sì. Per cui, mentre mia moglie era al lavoro, io me ne stavo a recitare la mia parte di moribondo a casa. Una buona interpretazione. Non ti dico da Oscar, ma un Nastro d'Argento, forse sì. A un certo punto, mentre mi aggiro come  uno zombi in casa, mi imbatto in codesto libro: Cipì di Mario Lodi. Non so cosa sia. Mai sentito in vita mia. Lo prendo, è un libretto corto. Una piacevole lettura penso.
Ecco: la lettura non solo è piacevole, ma è anche avvincente. Ci si appassiona subito a codesto libello. Solo che c'è un piccolo particolare: è triste. Si, ogni fiaba ha un suo elemento di tristezza. Lo so. Ma questo è...Davvero triste. Però di quella tristezza fondamentale che poi serve per raggiungere consapevolezza e gioia. Un insegnamento che oggi, nella debole cultura della felicità precotta e veloce, della soddisfazione del proprio sé in chiave edonistica e superficiale, viene visto come bigotto, reazionario. Oggi viviamo in un mondo di teste di cazzo, ecco . Sicché freghiamoci di quel che dicono o pensano gli altri, e godiamoci la lettura, ma sopratutto il mondo di questo passerotto
La storia è quella di un passerottino curioso, pieno di iniziativa, leale e puro che conosce il mondo e le sue tante meraviglie, ma anche i pericoli. Che siano un campo di grano o il cielo infinito, simboli di gioia e allegria, che il gatto o un temibile gufo, simboli di morte e dolore.
Commuove "Cipì" e non si preoccupa di farlo in modo devastante. Nel 1972, quelli che avendo problemi con le proprie emozioni e la vergogna di palesarle, ciarlano di " cinema trattenuto", di distanza, equilibrio, ecco questi non c'erano. O giustamente non venivano ascoltati. Non ci si vergognava di piangere e an che tanto per un uccellino e le sue tragiche avventure.
Dalla morte di una piccola margherita, all'inverno tragico, alla moria di piccoli per colpa di un gufo. Sono passaggi necessari: si vive e si muore. E in mezzo, tra questi due grandi eventi, c'è spazio anche per trovare la compagna della propria vita, altro messaggio che in epoca di precarietà sentimentale, par assurdo, la comprensione che non siamo soli, ma viviamo in collettività e quindi dobbiamo cooperare, condividere, aiutare gli altri. Ci insegna che talora non verremo capiti e forse anche disprezzati dagli altri, perché la voglia di sapere e la verità, ci spingeranno a non accettare dogmi e verità rassicuranti, ma non dimostrate. E che , quando tutti ci odieranno, è fondamentale non darsi per vinti, ma lottare per la verità. Non tanto per un riscatto personale. No, ma per tutti: noi e gli altri.
Il libro è frutto del lavoro collettivo dello scrittore e dei bimbi di una scuola materna, dove lui - mi pare facesse il maestro- è una perla struggente e appassionante di purissimo sentimento e lezioni di vita, etica, morale. Si, parole che agli uomini liberi e infelici fan tanto paura, ma lasciamo che almeno da bambini, queste cose ci aiutino a crescer un po' meglio.
Riprendiamo l'abitudine di leggerli codesti libri, non tanto per i nostri figli, ma anche per noi stessi.  Ritorniamo a una vaga e imbarazzante purezza di sguardo, di animo. voliamo nella vita e nella morte con Cipì. Non potrebbe che farci del bene.