martedì 21 febbraio 2017

La Storia Infinita di Michael Ende

Michael Ende, è figlio di un pittore/gallerista, che durante gli anni del nazismo fini sotto la repressione politica. Il giovane riuscì per un pelo a non esser arruolato nella gioventù hitleriana, ma non potette evitare l'arruolamento, a guerra già persa, per la difesa della sua nazione da parte dell'offensiva liberatrice.  In quel contesto, dopo un solo giorno di addestramento, vide perire tre suoi amici. Così disertò.
I rapporti coi suoi genitori sono all'insegna di un conflitto amore/ odio. La loro separazione non aiuta certo lo spirito d'armonia famigliare. Michael riuscirà a salvare la madre dal suicidio, spingendola a far pittura.
Crescendo lavora per il teatro, ma non ottiene grossi riconoscimenti. Invece ha maggior fortuna con la scrittura, in particolare con due romanzi: Momo e La Storia Infinita.
Alla base dei suoi scritti vi è il potere salvifico della fantasia, e sul fronte opposto: un nichilismo assoluto che minaccia l'esistenza umana, ora attraverso un'economia rapace e una tecnologia disumana, ora attraverso l'abbandono di ogni resistenza al vuoto di tempi avidi e aridi.
Si è sposata a Genzano e ha vissuto, fino alla morte della prima moglie, in Italia. 
"La Storia Infinita" ha avuto una lunga lavorazione, che è andata ben oltre il tempo previsto, perché lo scrittore aveva idee precisissime in merito. Così da romanzo di 100 pagine, si è allargato, modificato nella stampa ( l'uso del verde per la parte in Fantàsia e quello rosso per descrivere la vita quotidiana) illustrazioni e altro.
Questo romanzo è la sua opera più famosa: vuoi anche per il celebre film, pietra miliare del genere fantastico e grosso successo commerciale, pellicola detestata dallo scrittore e forse anche a ragione, ma che - a mio avviso- tanto ha aiutato il libro a rivivere una seconda e splendida giovinezza (non nel senso di inno fascista ma di età) ci sono state anche versioni teatrali e televisive.
Rimane uno dei romanzi per ragazzi più letti e amati, da uomini e donne di mezza età e oltre. Forse ignorato dai bambini di oggi, ma possiamo sempre legarli al loro bel lettino e costringerli ad ascoltarci mentre ci emozioniamo per le epiche battaglie di Atreiu 




Non conosco uomo o donna che non abbia pianto vedendo il film, per la morte del cavallo di Atreiu, o che abbia desiderato volare cavalcando il Drago della Fortuna: Falcor, anzi no... Uno lo conosco: IO
Sì, già da bambino ero un radical chic gne gne, morettiano.
In ogni caso, il film ci piacque a tutti. Io, stesso, per nulla portato all'irritante nostalgismo della mia generazione, penso che la pellicola sia una delle poche cose ancora in grado di emozionare, oggettivamente, e avvincere, come se avessimo davvero otto anni o giù di lì
Ai tempi, non mi feci certo scappare l'occasione di prender subito il libro. Fu in quel modo che scoprì la differenza essenziale tra trasposizione cinematografica e opera letteraria.
Il romanzo è forse tra le opere più complesse, carica di simbolismi, metafore, amarezza e maraviglia, mai scritte, sopratutto se pensiamo che sia rivolta a un pubblico "infantile", o perlomeno molto giovane.

Bastiano Baldassarre Bucci, è un bimbo orfano di madre, che vive un rapporto pressoché nullo col padre, uomo assente, chiuso nel suo dolore. Un giorno nella libreria del signor Coriandoli, sottrae un libro: La Storia Infinita. 
Bastiano si nasconde nella soffitta della scuola e comincia a leggere.
La sua vita cambierò radicalmente, in particolare quando entrando nel mondo morente di Fantàsia e salvando l'Imperatrice Bambina, si trasformerà , da ragazzino pingue e debole, in uno splendido guerriero, dando sfogo alla sua illimitata fantasia, ma diventando anche arrogante, pericoloso, e rischiando di perdersi del tutto.
Questa è la parte del romanzo che preferisco, perché pone domande e riflessioni interessanti: non basta la fantasia,  o il suo potere, ma essa per funzionare bene, deve interagire col mondo reale.
Certo la parte di purissima immaginazione è la base di tutta l'opera, piena di esseri tanto fantastici, quanto umanissimi nei loro caratteri, sia nel bene che nel male.
Non manca il richiamo all'amicizia, l'importanza di fidarsi dei consigli degli amici, ma c'è anche una sottile e diffusa amarezza nelle parti che riguarda Bastiano, sia quando è nel mondo reale e sopratutto quando sbrocca in quel di Fantàsia, che rende il libro qualcosa di unico
Una lettura che pur fatta in un'età matura, non toglie nulla alla bellezza autentica di codesto indimenticabile classico

lunedì 20 febbraio 2017

LE STREGHE di ROALD DAHL

Mi par di aver notato che i libri per l'infanzia e la pre adolescenza, nascondino, dietro a immagini fantastiche o di rappresentazione della vita reale dei piccoli, non tanto messaggi rassicuranti, o di svago infantile, ma che essi siano delle specie di guide per la sopravvivenza futura, dove : malattia, morte, sofferenze, certamente non mancheranno.
Ecco i libri per l'infanzia preparano i piccoli a famigliarizzare con la Morte.  Almeno certi classici  che ho avuto modo di rileggere o leggere per la prima volta. Quando non sono impegnati a descrivere i mille modi in cui si possa morire, o ammalare, si legge tra le righe una sottile accusa al mondo degli adulti, a come , spesso ineluttabilmente, si perda quel senso del magnifico, per abbandonarsi all'utilità del pratico. Non c'è nulla di male, nel fatto di crescere con maggior pragmatismo e badare alle cose importanti per la società, va benissimo. Per questo i libri per i piccini hanno una doppia malinconia: vivi e lasci allo stesso tempo l'età in cui tutto è possibile, le amicizie sembrano eterne, e il mondo degli adulti è distante: temuto, rispettato, ma senza vera attrattiva


Questo delizioso libro ha tutte le caratteristiche del libro per l'infanzia: una storia piena di magia, avventura, umorismo, ma dietro tutto ciò si parla di paura, dolore, morte. Il protagonista è un giovane bambino rimasto orfano dei genitori, periti in un incidente d'auto. Costui cresce in compagnia della nonna, persona assai brillante e gran fumatrice di sigari
Ella mette in allarme il nipote dalle streghe, le quali dietro a un'immagine di donne normali, nascondono creature maligne le quali hanno un solo scopo nella vita: eliminare i bambini. Esse infatti trovano i piccoli esseri ripugnanti e dal pessimo odore.
Il piccolo protagonista riesce a scappare a una di esse,  però sfortuna vuole che con la nonna si ritrovi in un albergo inglese, nel quale le streghe stanno preparando il loro incontro annuale colla Strega Suprema. Non sarà facile salvarsi, e per farlo si dovrà pagare un prezzo assai alto.


Roald Dahl, scrive un libro che ha del meraviglioso, poiché dietro uno stile semplice, diretto, pieno di verve e annotazioni ironiche, nasconde una grandissima amarezza. Quella che fa parte della nostra vita, dove non è detto che vi siano per forza finale positivi o negativi in modo così chiaro e netto
Ogni passaggio ci segna, e noi siamo destinati, durante la nostra vita a cambiare. Combattendo le nostre paure, le avversità, che non ci lasciano quasi mai indenni.
In poche frasi, con un piccolo scambio di dialoghi, Dahl cambia radicalmente l'atmosfera carica di possanza e maraviglia, per gettarci in momenti di sconforto o malinconia: la sorte di Bruno dopo la sua trasformazione in topo, il dialogo tra il protagonista- trasformato anche lui in roditore- e la nonna su quanto tempo vivano i topi, questi sono alcuni esempi.
Non vuol dire, però, che la vita alla fine sia solo dolore e sofferenza, anzi il messaggio finale è proprio il contrario: vale la pena vivere fino in fondo nonostante le cose negative e le perdite di vite care. Avere un obiettivo importante e una persona, almeno una, che ci voglia bene e ci aiuti a portare a termine, concretizzare, la nostra missione, può sostenerci nei momenti di dolore e sconforto.
Un piccolo, ma assai importante libro, il quale, come tutta la narrativa per l'infanzia, parla ai bambini, ma si rivolge a noi adulti.

venerdì 17 febbraio 2017

I RAGAZZI DELLA VIA PAAL di Ferenc Mòlnar

Da bambini, quasi tutti noi, abbiamo giocato alla guerra. O ricevuto armi giocattolo in regalo. Solo negli ultimi trenta anni, o poco più, in parte si è messo in discussione questo tipo di doni.  Fatto sta i bambini in un modo o in un altro sono portati a far bande, a inventare avventure belliche, almeno fino a quelli della mia generazione
I bambocci cazzola attuali li conosco troppo poco, forse dirottano l'aggressività tipicamente maschile verso altro tipo di gioco, comunque sempre molto legato "alla lotta". "alla guerra"
Non so da cosa derivi tutto questo, forse è un ricordo antichissimo e comune, legato agli albori del genere umano, quando gli uomini riunitosi in gruppo andavano a caccia, o far razzie. Forse è la predisposizione all'agire, al dinamismo, alla fisicità e concretezza di ogni atto, che spinge i bimbi a far questo tipo di gioco. Spesso è dovuto ai genitori, i quali hanno il dovere di educare i figlioli, ognuno sceglie il metodo che ritiene più giusto.
Comunque se i bambini non avessero mai giocato alla guerra, non avremmo avuto un grande romanzo, in apparenza per piccini picciò, ma  in realtà indirizzato agli adulti.



Ho letto il libro anni e anni fa, ero ancora un bambino, mi aveva conquistato per l'idea di "azione": la guerra tra bande, l'organizzazione di esse, l'assalto al "fortino", sopratutto la figura del piccolo eroe : Nemecsek. Visto che sono sempre stato malaticcio, che un bimbo nelle mie condizioni, facesse cose splendide per gli altri, nonostante il prezzo finale, ecco mi riempiva di gioia e forza. Almeno questo è il ricordo che ho inventato or ora, per allungare un po' il brodo. Va che è una bellissima tecnica usata da moltissimi scrittori, quando gli chiedono di parlare della loro infanzia.
Tornando al libro, quello che mi ha di nuovo colpito è una certa modernità nella scrittura. Mòlnar mette su pagina dei ragazzini/ bambini più o meno reali. Non sono buoni o vittime degli eventi, ma riproducono in piccolo e nel gioco, il mondo dei grandi e le tante tragedie future ( due guerre mondiali e fascismi vari) come se fosse naturale pensare e metter in scena la guerra.
Elemento che si scatena per un torto che alcuni ragazzi fanno a uno di loro, gli portano via delle palline col quale si sollazzava, per cui vi è anche il tema dell'appartenenza, della difesa di uno che fa parte della nostra banda, ma sopratutto l'idea profonda e forte, assai commovente e non compresa dalla donzelle di tutto il mondo, dell'amicizia virile.
Non è legata al parlarsi per ore dei nostri problemi, non è l'analisi di un fatto che da piccolo diventa universale perché " cosa avrà voluto dire" , ma è legata al tempo fisico passato insieme.  A piccoli gesti, al gioco che nei bambini è vita e assoluta serietà. Certo abbiamo il problema che non sappiamo nulla dei nostri amici, peggio non domandiamo, e che la natura seria e profonda del gioco condiziona tutta la nostra vita, per cui una vera maturità forse non arriva mai.
L'apoteosi è la mia generazione, d'altronde da tipi che reputano Goonies, un capolavoro, che ci dobbiamo aspettare?
Eppure, pur coi suoi limiti, l'amicizia virile non è quella cosa cretina e superficiale che molte pensano sia. Lo si vede nel bellissimo finale: quando tutti vanno a render omaggio al piccolo combattente. Ci sono gli amici di sempre, ma anche i bambini contro cui ha combattuto e quelli che , per una incomprensione, l'avevano allontanato dalla Società dello Stucco.
Sono commossi, versano lacrime, e questo noi uomini dovremmo mantenerlo per tutta la vita. La cultura machista dell'uomo che non deve chiedere mai o reprimere i propri sentimenti, per salvaguardare quel falso mito della virilità, combina più casini e cazzate che non piangere quando siamo tristi o commossi.  Le lacrime di questi bambini, visto che per tutto il romanzo si sforzano di essere soldati coraggiosi ed efficienti, è quanto di più commovente, toccante e meraviglioso sia mai stato scritto in un libro per l'infanzia.
Un'opera che celebra l'età d'oro dell'immaginazione e del coraggio assoluto, dove fatti piccoli e insignificanti valgono l'onore e il rispetto,  tempi in cui tutto è fondamentale, importante. E che si conclude, spiegando ai bambini che la vita è fatta anche di cose negative, di malinconie che scavano dentro il cuore, di lotte che si sgonfiano e scompaiono sotto la disillusione dell'età adulta.
Due mondi, quello dei bambini  e degli adulti, che non si incontrano quasi mai- in questo libro i personaggi dei grandi sono puramente funzionali alla trama, non hanno un vero ruolo educativo e non aiutano i ragazzini a maturare o scoprire qualcosa di fondamentale per la loro vita futura- se non nell'ideologia della guerra. Perché Mòlnar, dopotutto ha scritto proprio questo: un romanzo assolutamente anti militarista, anzi meglio ancora: un romanzo pacifista che mostra l'insensatezza delle guerre, quelle vere fatte dagli adulti. Sacrificare migliaia di vite per una patria o ideale che poi mutano  e lasciano soli i pochi sopravvissuti.
Ecco, rileggendo diversi libri per l'infanzia di inizio 900, e anche quelli di quaranta anni fa, balza all'occhio quanto, questo tipo di narrativa, fosse avanti e profonda: in questi romanzi si parla di vita, amore, ma anche morte e dolore. Senza addolcire nulla.  Oggi quelli anti retorici e trattenuti, non amerebbero che si spendano dieci pagine per descrivere l'agonia di un bimbo, il povero Cipì volerebbe in cieli azzurri senza conoscere la fine amarissima della sua amica Margherita ( quanto ho pianto, dannato Cipì!) non che la violenza o morte sia assente, ma forse è un po' filtrata, una parte di uno show. Non so, è una mia idea anche molto vaga, però mi par di aver visto in giro pochissimi libri di formazione per bambini.
Se così non fosse chiedo venia.

Questo libro, però, lo leggerei ai miei figlioli. C'è tanta azione e dei messaggi educativi davvero importanti. Anzi, fatevi un bel regalo: rileggetelo

mercoledì 15 febbraio 2017

CUORE di EDMONDO DE AMICIS

Probabilmente è il libro più odiato, deriso, dalle masse di lettori acuti e poco avvezzi a sollazzarsi con smancerie retoriche e paternalismi d'accatto. Superato, forse, solo dai Promessi Sposi, al quale non si perdona il bigottismo.  Eppure, codesto libro, coi suoi 130 anni o giù di l^, rimane ancora un piccolo, grande classico, della letteratura infantile, a livello mondiale direi.
Oltre alle infinite trasposizioni cinematografiche, a una serie animata giapponese e le tante parodie, segno che in un modo o nell'altro fa parte dell'immaginario collettivo e ognuno di noi ne porta memoria e traccia con sé. Certo non possiamo negare che ecceda in una retorica patriottica assai pesante, ma è migliore a quella attuale fatta di nazionali di calcio e marò.
"Cuore" è un libro di formazione, educativo, indirizzato ai bambini / ragazzini, per cui ogni cosa viene semplificata, ma non banalizzata, basta saper leggere tra le righe e noterete appunti sulle classi meno abbienti assai forti.
L'unità d'Italia ha lasciato fuori i poveri, come l'erbivendola ad esempio o altre famiglie di operai, muratori.
De Amicis è figlio dell'alta borghesia, uno che si è potuto permettere certi studi, e una carriera militare che lo vide partecipare anche alla battaglia di Custoza.  Cominciò la sua carriera di scrittore, come giornalista militare. In seguito si dedicò alla scrittura di finzione.  " Cuore" è il suo romanzo più popolare, pieno di nazionalismo e spunti educativi, fu ostacolato e criticato aspramente dai cattolici del tempo, poiché non c'è mai una piccola menzione a Dio e alla religione, se non in una frase della madre del protagonista, ma di nessuna rilevanza.
Nel 1896, lo scrittore si appassiona alle idee socialiste, diventa amico di Filippo Turati e collabora con diverse testate di propaganda per questa ideologia politica. Lascia alle spalle il patriottismo spiccio di "Cuore" e si dedica a questioni di classe.
La vita privata dello scrittore, purtroppo, è segnata da una gravissima crisi matrimoniale e dal suicidio di un suo figliolo, ne ha due.




L'opera è strutturata come una serie di episodi,  quasi mai legati tra di loro, segnati sul diario di un alunno: Enrico. Il quale scopre il mondo attraverso la vita dei suoi compagni, del maestro, delle altre famiglie.Nel romanzo ogni classe sociale viene rappresentata, e si nota che allo scrittore interessa la collaborazione, condivisione, tra esseri umani, i quali per caso sono capitati in famiglie più o meno economicamente fortunate. A intervallare le annotazioni del piccolo Enrico, ci sono le raccomandazioni del padre e della madre, didascaliche e retoriche, ma la loro funzione educativa non poteva esser descritta con altro linguaggio; e i racconti dedicati ai piccoli eroi della "giovane italia", come Il Piccolo Scrivano Fiorentino, Dagli Appennini alle Ande, Il Tamburello Sardo e così via.
Racconti che spesso finiscono male, strazianti e commoventi.
Si, cari miei, lo scrittore gioca sporco e fa ricatti morali a destra e mancina, ma è più che lecito farlo, in quanto codesto libro punta tutto sulla forza dirompente dei sentimenti, del melodramma, della commozione popolare, ma è decisamente ben scritto
La sua forma di diario per me è l'idea giusta che rende il libro ancora oggi, un classico da leggere e regalare ai piccini picciò, vista la penuria di romanzi formativi per costoro.
Nella semplicità del linguaggio e degli esempi, credo, si possa donare ai figlioli stimoli per pensare al loro rapporto con gli altri. Ogni classe ha il suo Derossi, Garrone e persino Franti. Per cui, tolti i richiami più pesanti al nazionalismo italico, credo possa rivelarsi assai utile come momento di riflessione sul cameratismo studentesco, il rapporto con gli insegnanti e così via.
Pur con tutti i limiti che uno vorrebbe trovargli, il romanzo ci ha donato personaggi intramontabili e leggendari: dal maestro Perboni, a Garrone - il gigante difensore dei più deboli, e così via.
Elemento particolare, a mio avviso, è che il protagonista del romanzo non spicchi per elementi positivi o particolari. Eco ci vedeva la mediocrità che sarebbe sfociata nel fascismo, oggettivamente sbagliava, suggestionato- come molti intellettuali, forse per un certo senso di colpa o di liberazione dall'educazione famigliare-  dalla figura di Franti, il quale non è un ribelle che combatte contro il sistema, ma semplicemente un prepotente, manesco, non proprio coraggioso- ha paura di Garrone perché più grande e grosso di lui- sicché mi par più fascista costui. In ogni caso, lasciamo stare la polemica col buon Eco, ritorniamo al romanzo: è un'opera che piacerebbe a Spielberg, perché parla di gente media, o di bassa estrazione che fanno cose grandi per amore degli altri o di un'idea. Enrico è proprio uno dei tanti eroi spielberghiani, all'apparenza modesto e di poco peso, ma attento osservatore del mondo che lo circonda, che guarda ora stupito, ora colpito. Un bambino come tanti: non troppo studioso, non sempre buono o nel giusto. Questa cosa mi piace molto.
"Cuore" è un libro che , esattamente come il meraviglioso cinema di Matarazzo,  non ha mezze misure, si perde nel ridicolo e nel ridondante, ma per eccessivo amore e partecipazione emotiva nei confronti dei fatti  e personaggi narrati.  In un mondo dove tutti fanno i fichi radical-cinic, dove la forza del sentimento è sottomessa a un razionalismo fatalista e tedioso, ben venga "Cuore"
Sopratutto una lettura certamente critica nei confronti di molti suoi elementi, ma ancora capace di certe emozioni basilari, elementari, per cullare il bambino in noi.
Buona lettura!