sabato 31 dicembre 2016

CLASSIFICA 2016

Veloce e immediata, perché questo anno mi son mosso in terribile ritardo, ecco a voi la classifica delle mie migliori letture del 2016. Non sono libri usciti codesto anno, ma opere da me lette durante questi meravigliosi 12 mesi, che stanno finendo con un po'm di tosse, raffreddore e managgacrist .

Non c'è un vero numero uno, ma sono letture preziose e per tutti i gusti

- Cipì di Mario Lodi

una favola per i bimbi dove si parla di morte, dolore, vita.

-Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti
Per quanto Vasco Rossi con la sua canzone dedicata al libro, ci abbia confermato la sua incapacità a comprendere la profondità di questa eccellente opera, il romanzo di Ammaniti è tra i più amari e tragici mai letti in vita mia, con un pre finale da pianger per mesi.
ITALIA di Fabio Massimo Franceschelli

Opera di rara possanza e maraviglia, apocalittica,  profonda e toccante

47 gradini al buio di Simone Lega
Nonostante il cognome, un ottimo scrittore per un magnifico gotico radicale e totalitario nel suo raggelante pessimismo cosmico

LA VITA CHE SI AMA- Roberto Vecchioni

Storie di vita, famiglia, musica: la vita che si ama, appunto

l'ISLAM E' UNA MINACCIA- FALSO! di Franco Cardini

Un ottimo saggio che spiega le ragioni del terrorismo e distrugge con logica e calma le cretinate della Fallaci e co.

la persecuzione del bambino di alice miller

Se l'educazione che diamo ai nostri figli sia sbagliata e dannosa per loro? Da leggere e assimilare

Questi sono più o meno i migliori libri di questo anno! Vi auguro un bellissimo 2017 e tante belle cose!

martedì 22 novembre 2016

CARAMELLE AL GUSTO ARANCIA di VALENTINA ORSINI ( lettera aperta)

Carissima Valentina,
 tu mi hai chiesto una critica alla tua prima opera, in quanto pensi che la mia opinione sia importante. Che dire? Da una parte, nel cuore profondo e di tenebra di un quarantenne che sta cercando di dar luce e spazio a un bimbo forse troppo trascurato, codesta attenzione genera sentimenti positivi e un po' megalomani: " Ammazza oh, anvedi che ho pure robe da dire interessanti"Stuzzichi per cui la mia vanità, o come dicono quelli che non amano mai prendere dei rischi in prima persona: la presunzione. Sai, avere idee forti, esser convinti di quello che dici e vivi, pur con delle umanissime contraddizioni, oggi è visto come qualcosa di spregevole. Ti diranno che vuoi insegnare a vivere agli altri e altre banalità, tipiche di questi ipocriti tempi. Comunque si, essendo maestro elementare, cazzo ve la insegno la vita eccome! Scherzi a parte, poi si fa largo il Davide più dubbioso e sotto molti aspetti umano: come si fa a criticare un libro? Perché ineluttabilmente, le parole hanno un peso preciso, e un libro non è quasi mai opera distaccata dall'autore, a parte quelli che scrivono stronzate per far soldi a palate e basta. Però non  è il tuo caso. Mi rendo conto che posso risultare inopportuno, posso creare forte contrasti e frizioni, in fin dei conti l'altro lo conosciamo bene, ma non benissimo. Per cui ho passato interi giorni a pensare: mo che scrivo? Le critiche che ci sono, visto che colpiscono la radice della tua opera, sono da condividere con l'autrice o forse è meglio stare vaghi? Io avrei pensato alla seconda: rimaniamo vaghi. Col cazzo, mi son risposto dopo due secondi. Perché, come mi ha insegnato il mio padre morale : Nanni Moretti, è giusto essere limpidi e cristallini. Regola che seguo anche nella vita, non ti dirò sempre perché siamo umani e quindi portati anche alle contraddizioni, ma che metto sempre in atto nel rapporto con le persone a cui tengo.


In questa foto si vede, si tocca, direi si respira l'essenza stessa di esser scrittori. Ci vedo la gioia immensa di chi è riuscita a scrivere non solo un libro, ma sé stessa e render noto a tutti quello che sono i suoi pensieri e opinioni. Le sue scelte.  Dimmi un po' come si possa scrivere cose "negative" di fronte a cotanta emozione? Un grande regista, e altro mio padre morale, Carlo Mazzacurati diceva che bisogna sempre esser gentili con gli altri, perché non sai mai che guerra sta vivendo dentro di sé. Vero.
Tuttavia io credo con tutto me stesso in questa cosa: noi abbiamo il dovere -sottolineo il DOVERE- di comprendere e capire tutti, provare compassione, pietà, vicinanza, per qualsiasi persona stia facendo una scelta difficile per la sua vita. Perché ogni scelta porta rimpianti, rimorsi, dolori, per cui l'inquisizione non serve a nulla. Però, ecco che arriva il classico però, non dobbiamo mai giustificare, mai lasciare a un ipocrita : io non giudico e critico, le scelte fatte da noi e dagli altri.
La mia terapeuta dice che non me ne lascio scappare nessuna. Vero. Critico e giudico prima di tutto me stesso, di conseguenza le scelte degli altri. Ti parlo di scelte e non persone, perché esiste quella cosa magnifica chiamata "empatia" che mi permette di non concordare affatto con le tue scelte e opinioni, ma di provare profondo rispetto e affetto per la persona.
Poi ammetto un mio gravissimo peccato, uno di quelli che in questa società libera e a misura di uomo, lo dico ironicamente, non è accettabile: sono cambiato. Non rinnego e non mi vergogno di nulla delle cose dette e fatte a venti o a trenta anni. Le dovevo dire e fare, alcune di quelle idee ce le ho ancora oggi, sempre uguali, altre invece le ho riviste o le sto rivedendo.
Vabbè,  Da mo parli del mio libro o stamo a senti i tuoi sproloqui? Mo ci arrivo, fidate!
Il tuo libro. Prima di tutto mi par limitante chiamarlo così. Perché a mio avviso ci sono due tipologie di scrittori: quelli che scrivono pensando al conto in banca e quindi mettono sulla carte le cose che potrebbero far presa sulla massa amorfa, la maggioranza silenziosa di gente che legge poco e male, peraltro fanno benissimo, dopo tutto ci devono campare con i libri, e quelli  che hanno qualcosa da dire.
Fai parte ovviamente della seconda categoria. Sicchè, dai cominciamo bene. Io amo le persone che hanno il coraggio delle loro idee, adoro i libri- film- programmi- a tesi. Evito l'ossessione per l'obiettività anglosassone, come se fossero obiettivi sul loro imperialismo ad esempio, il ricatto dell'onestà intellettuale, altra bandiera di molti ipocriti che ti vorrebbero sottomettere al pensiero unico liberalcapitalista. mi piace esser in contatto con gente che la pensa diversamente da me. E che porta avanti un pensiero, un'idea, comoda o scomoda non importa, l'importante è  che non vi sia tutta la cantilena del " non so", quando poi si vede dove vuoi andar a parare. Ci tengo anche a precisare che esistono davvero persone oneste intellettualmente e che dire non so a volte è segno di saggezza, ad esempio io circa l'eutanasia "non so". Tema troppo forte e delicato per poter essere sicuro.
Il tuo libro non ha dubbi, anche se li metti nella pagina, ma servono per render più forte la scelta della protagonista che comunque è abbastanza chiara e precisa. Ecco questo fatto che tu debutti con un tema scivoloso e difficile come l'aborto, che prendi posizione precisa, potremmo non concordare sul fatto che per te sia scomoda questa tua posizione, mentre per me è assolutamente ben inserita nel pensiero dominante e occidentale da almeno 40 anni, mi piace. Casomai un  giorno dovessi pubblicare qualcosa, mi piacerebbe partecipare a un dibattito con te. Ci si diverte!
Mi piace del tuo libro due cose principalmente: il rapporto tra Anna e Carlotta e quello tra la protagonista e Andrea. C'è verità e tenerezza, in particolare per me la seconda è fondamentale. Un libro o un film non colpiranno mai duro se eviti di metter dolcezza e tenerezza nelle tue parole, molti penseranno che sono cose buoniste, ma non è così.Quando un personaggio diventa "tenero" lo senti vicino, umano e vorresti che non facesse cazzate o finisse male. Anna, che non amo molto quando è "sola", diventa grande nel contatto con gli altri. Sopratutto quando tu vuoi descrivere la quotidiana umanità, piuttosto che usare un personaggio-simbolo al fine di rafforzare una tesi che ho compreso dopo due pagine. Questa parte della tua scrittura mi piace.
Mi piace che Anna sia un personaggio letterario, in fin dei conti lo sono tutti : tranne Carlotta, Andrea e lo spreco letterario di Daniele, poi ti dico perché spreco. Comunque il fatto che tu non voglia dire: Anna è la copia fedele delle ventenni di oggi, ma che vi sia uno sforzo e un lavoro preciso di letteratura, in  quanto attraverso lei veicoli il messaggio, per cui è piegato a una tesi, a un finale obbligatorio.  Mi piace anche perché non sostengo la sua tesi. Sicché mi permette di riflettere a lungo sul tema.
Prima dicevo: si possono giudicare le scelte. Tutte. E provare compassione, partecipazione per le persone. Io comprendo benissimo Anna, capisco assolutamente che un figlio a quella età, nel nostro tempo e nella nostra società di questi ultimi trentanni, possa esser un problema, diciamo la parola che nessuno vuol dire: un  ostacolo. Abbiamo la nostra vita da soddisfare, i sogni, i progetti, gli obiettivi, cazzo un figlio in  questo momento me li rovina tutti. Credo che non ci sia nulla di male nel metter ben in chiaro questo pensiero. Però non è pensabile che si debba solo avere sostegno incondizionato o indifferenza.
Ti dico: c'è una legge, che parla di maternità e anche di aborto. Noi cittadini e le amministrazioni dobbiamo rispettarla, è stata voluta dal popolo e sicché non si può eliminare o toccare. Quando è stata fatta si pensava alle proletarie che dovevano subire lo scempio di pratiche abortive poco umane e pericolose. Ci sta. Una legge necessaria è anche giusta? Questa è una domanda che ti pongo. Perchè tanto posso comprendere e capire il problema della donna, quanto posso anche domandarmi: e che sarebbe mai stato o stata quel piccolo/a? Sì, da una parte c'è una donna che va liberata, ma è davvero così ignobile, fascista, reazionario, pensare al bimbo?Ecco nel tuo libro non ho mai visto un pensiero reale sul futuro nascituro, una parte in cui Anna pensi a esso, come se fosse un ospite poco gradito dentro di essa. Sinceramente ti dico: l'ho inteso male? Non  so, potrebbe essere, ma a me è parso questo.
Tu giustamente, dal tuo punto di vista lucido e combattivo, te la prendi con i bigotti, reazionari, che giudicano donne ferite e colpite da scelte forti come la tua protagonista. In particolare te la prendi con la Chiesa e i cattolici.Si, hai ragione. Il lutto è vissuto anche da una donna che ha scelto di abortire,  per questo non dobbiamo avventarci contro di essa, ogni donna è una persona a sé, come ogni uomo e ciascuno reagisce di fronte alle cose della vita alla sua maniera. Non c'è giusto o sbagliato, però una cosa è fondamentale: il dialogo anche quando ci fa malissimo. Talora uno scontro ci potrebbe aiutare.
Ma Anna li evita. In tutto il romanzo c'è lei, i suoi dubbi- che sono naturali- ma mai un confronto, se non quello con la signora Floris che serve però per rafforzare la tesi, non per andar oltre generare una domanda, ma è sacrosanto e giusto nell'economia della tua storia.
Chiaro che un libro a tesi vive anche di giuste semplificazioni e lo scontro con il prete- che me lo son immaginato come Corrado Guzzanti quando faceva il prelato romano- è giocato in questo modo. Forse troppo semplificato, didascalico, tagliato con l'accetta, mi puoi dire: ci sono preti così. Come c'è gente che ti giudica malissimo, ti fa sentir una merda, quando hai bisogno di pace, comprensione, si è vero. Però vi è anche la generalizzazione. Che fa sentire nel giusto una parte di popolazione e nel torto totale altri.
Già la lettera è lunghissima, sicché ti dirò in altra sede i dettagli, ma mi è capitato più di una volta sentire persone dire a famiglie con bimbi portatori di handicap, anche non troppo pesanti, " ma che scemi, dovevano abortire! Perché ora hanno a casa un peso..."
Ecco, è il fatto che molti o pochi, non ha importanza, pensino a un figliolo come un peso, un ostacolo, per quanto lo possa comprendere, non lo giustifico. Ho avuto a che fare con figli che non dovrebbero esser nati, perché il loro handicapp, è mortificante per la nostra società di gente libera e sana, ebbene provano gioia, dolore, felicità, tristezza e se spaccano le coppie, è altrettanto vero che molte trovano la forza e il coraggio di vivere.
Ti dico questo perché il fondamentalismo è presente in entrambi gli schieramenti. Io vivo con disagio e contraddizioni la manipolazione che molti fanno delle libertà personali, un chiudersi in sé stessi e nella propria idea senza apertura agli altri. Questo avviene anche nel campo delle persone open mind. Ti ricordi come ti attaccarono quando giustamente hai criticato l'utero in affitto?Eppure costoro si reputano liberali, progressisti, non hanno dubbi sul fatto di esser troppo i migliori.Non sono credenti o fanatici religiosi, eppure...
Anna non si apre agli altri, vede il distacco, vede la difficoltà a parlare, ma non fa nulla per spezzare questa condizione. Questo atteggiamento non mi piace. E non mi piace perché comunque, noto che su alcuni temi è un mio difetto. Ho pensato quanto sono stato stupido a non aprirmi agli altri, vergognandomi di alcuni aspetti del mio carattere, delle scelte, della vita. Anna si lamenta ma non fa nulla per aver un  contatto con gli altri trincerandosi dietro un: non mi dovete giudicare. Ti ripeto è umanamente comprensibile, non giustificabile.
Nel tuo romanzo ci sono le donne e i bambini, mancano gli uomini. Nel senso che proprio non esistono nel tuo universo, non dico di persona eh ma di scrittrice.  Babbi assenti, proprio nel senso che non ci sono, e un  personaggio potenzialmente forte come Daniele un po' troppo sacrificato. E anche qui, mi pare che si faccia un po' di generalizzazione, di fretta nel giudizio, nella descrizione, come un dogma di pensiero sul maschile.Daniele è confuso, ma pensa alla paternità.  Daniele a volte è assente perché Anna è chiusa e non sa, non ha le armi, per poter comunicare un profondità con costei.  Un bellissimo personaggio, che mi sarebbe piaciuto conoscere meglio.Come avrei anche apprezzato conoscere gli altri uomini. Per carità il fratello di Anna e Andrea, sono ben descritti, ma sono ragazzini e bambini, non ancora uomini.
Il libro poi ha momenti bellissimi e commoventi, due in particolare che ho amato profondamente: quando Anna si ritrova a rincuorare Andrea perché lui dice che il sole gli ricorda le caramelle al gusto arancia, c'è tanta bellezza in quelle pagine e il pre finale: quando Carlotta e Anna si mettono a correre sotto la pioggia, come da ragazzine. Bellissima, magnifica, struggente, nostalgia del passato e di riparo per l'inevitabile. Racconti benissimo la preparazione di Anna per il ricovero, descrivi benissimo l'ospedale. Questi particolari mi sono piaciuti, ripeto non sostengo in tutto e per tutto la tesi. E, ma questa colpa mia sia ben chiaro, non ho capito del tutto le ragioni della signora Floris o della subacquea. Nel senso, tanto è vero che non si deve diventar genitore per forza- i danni di questi improvvisati sono tantissimi, io penso che lo Stato dovrebbe educare le coppie a diventare genitori, attraverso corsi, visite, controlli,aiuti, ma è utopia eh-  quanto aver abortito non è che migliori una situazione famigliare deprecabile, su questo ci sono anche esempi più o meno di mia conoscenza.
Queste sono le mie sensazioni circa il tuo libro. Possono esser sbagliate e offensive, oppure far riflettere.
Come mi ha fatto pensare e riflettere il tuo libro che per alcune cose mi è piaciuto assai, per altre meno. Però non è un valore sulla qualità letteraria, è più un franco e sincero dibattito fra amici. Ripeto casomai dovessi pubblicare qualcosa e tu o altri amici, amiche , avessero da ridire ne sarei lieto. La gentilezza e il tatto prima di tutto, poi un dibattito anche acceso sulle nostre idee.
Aspetto la tua seconda opera, adoro le raccolte di racconti, mi piacerebbe specializzarmi in questo, nel frattempo ho il mio blog dove li pubblico, ti auguro di crescere e migliorare ancor di più come scrittrice perché ci sono le potenzialità.
Dico anche di leggere e prendere, pur se non si concorda, il tuo libro, la tua opera di debutto. Noi siamo sottoposti o alla spinta reazionaria trucida, o al pensiero dominante di effimere e maldestre libertà individuali
La vera libertà sta nell'esser in due. E non c'è dolore o problema che non si possa comprendere e condividere.

Ciao, davide.

Ma che piccola storia ignobile che mi tocca raccontare
così solita e banale come tante
che non merita nemmeno due colonne su un giornale
o una musica, o parole un po' rimate
che non merita nemmeno l'attenzione della gente
quante cose più importanti hanno da fare
se tu te la sei voluta a loro non importa niente
te l'avevan detto che finivi male.

Ma se tuo padre sapesse qual è stata la tua colpa
rimarrebbe sopraffatto dal dolore
uno che poteva dire: "Guardo tutti a testa alta"
immaginasse appena il disonore
lui, che quando tu sei nata mise via quella bottiglia
per aprirla il giorno del tuo matrimonio
ti sognava laureata, era fiero di sua figlia
se solo immaginasse la vergogna
se solo immaginasse la vergogna
se solo immaginasse la vergogna.

E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione
buone scuole, e poca e giusta compagnia
allevata nei valori di famiglia e religione
di ubbidienza, castità, e di cortesia
dimmi allora quel che hai fatto chi te l'ha mai messo in testa
o dimmi dove e quando l'hai imparato
che non hai mai visto in casa una cosa men che onesta
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato.

E tua madre, che da madre qualche cosa l'ha intuita
e sa leggere da madre ogni tuo sguardo
devi chiederle perdono, dire che ti sei pentita
che hai capito, che disprezzi quel tuo sbaglio
però come farai a dirle che nessuno ti ha costretta
o dirle che provavi anche piacere
questo non potrà capirlo, perché lei, da donna onesta
l'ha fatto quasi sempre per dovere
l'ha fatto quasi sempre per dovere
l'ha fatto quasi sempre per dovere.

E di lui non dire male, sei anche stata fortunata
in questi casi, sai, lo fanno in molti
sì, lo so, quando lo hai detto, come si usa ti ha lasciata
ma ti ha trovato l'indirizzo e i soldi
poi ha ragione, non potevi dimostrare che era suo
e poi non sei neanche minorenne
ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo
noi non siamo perseguibili per legge
noi non siamo perseguibili per legge
noi non siamo perseguibili per legge.

E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo
desiderando quasi di morire
presa come un animale macellato stavi urlando
ma quasi l'urlo non sapeva uscire
e così ti sei trovata fra paure e fra rimorsi
davvero sola fra le mani altrui
e pensavi nel sentire nella carne tua quei morsi
di tuo padre, di tua madre e anche di lui
di tuo padre, di tua madre e anche di lui
di tuo padre, di tua madre e anche di lui.

Ma che piccola storia ignobile sei venuta a raccontarmi
non vedo proprio cosa posso fare
dirti qualche frase usata per provare a consolarti
o dirti: "è fatta ormai, non ci pensare"
è una cosa che non serve a una canzone di successo
non vale due colonne sul giornale
se tu te la sei voluta cosa vuoi mai farci adesso
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare.

Che poi bastava il pensiero di Guccini, altro che il mio delirio !

giovedì 17 novembre 2016

COLPI AL CIUORE di K. HOTAKAIANEN

Lo so, mia moglie mi dice che dovrei scrivere una prima bozza, poi rileggerla un po' di volte e riscriverla. Così vengono fuori le cose migliori. Scritte, rilette, riscritte. Pensate, razionalizzate, ordinate. Ci ho anche provato con qualche mia riflessione cinematografica,  e- come sempre-lei ha ragione. Serve anche per trovare parole giuste, esser meno dispersivi.
Io però di fronte a un libro così urgente, potente, forte, commovente e divertente, non so.. Mi pare di far un torto al suo autore e sopratutto a Raimo e Illona, se dovessi trattenere la spontaneità delle parole di fronte ad altre parole così piene di pathos e  di senso dell'ironia.

Perché , è vero, codesti nordici hanno tanti difetti ( uno su tutti il pessimo clima) ma sanno scrivere/descrivere, filmare/rappresentare, benissimo la fragile amarezza della vita, le sconfitte e i dolori e quel pizzico di malinconica goia, che non sistema nulla, ma ti porta a star in piedi, barcollando, contro il Grande Nulla, il Buio di una vita spesa in posti dove fa sempre freddo e c'è un tempo orribile.
No, però non credo sia solo questo! I personaggi! Signori miei, i personaggi! Che diventano persone, esseri di carne e sangue e ossa pestate dal tempo, dalla vita che non va come dovrebbe andare, Raimo e i suoi sogni di grandezza, la sua voglia sfrenata di fare cinema, il suo sentirsi un grande esperto e sopratutto "amico" di quella gente, strana e solitaria, che son in un certo numero i cinematografari.
La parola dà e la parola toglie, penso che gran parte delle nostre sbronze di velleità artistiche, siano dovute ad esse.  Regista, attore, celebrità, star. Scrittore, drammaturgo, poeta.  Capisci? Sono parole così cariche di significati che ti inebriano e ti donano splendidi delirium tremens.  "Un giorno lavorerà con Von Trier o Moretti", " e ma tanto tra poco andremo a Roma, li ci stanno gli scrittori. Quando torno a Firenze avrò il mio tavolo d'onore da Scudieri o Scuderi, tanto sono io il nome di richiamo non il locale", "scriverò cose bellissime, ho tantissime idee. Non faccio altro che scrivere storie nella mia testa e le lascio libere. Di disperdersi, di annientarsi. Che gesto da vero artista" Ma se incominciassimo a chiamarli: "cinematografari", con tanto di ao? La Struggente, Grande, Bellezza della nobilissima lingua romana, sta tutto qui: sei un cazzo di lavoratore. Non fai bulloni, fai storie, finzione, roba falsa che ti serve per pagare casa, alimenti, e troie. Sei uno come me, che sogna di stare bene e intanto vive di quel che può e non vuole. Scrittore e bla bla bla, no: parolaio. Come me, come tutti i Raimo del mondo, no? Campiamo di parole. I fatti li lasciamo a chi è maturo al punto giusto, da accettare la mediocre essenza della vita.
Poi scopri che la vita non è così disastrosa: hai una famiglia, dei figli, una moglie. Perché quando hai una persona che ti ama, cambia tutto. Lo dicevo a Raimo, cosa stai facendo alla tua famiglia? Per inseguire un sogno balordo, senza senso, tu non sei un esperto di cinema. Sei, come ce ne sono tanti, uno che stravede per prodotti dozzinali, per mestieranti, sei un operaio. Appartieni alla classe operaia, abbandonata, sola, molti vanno a lavorare in Svezia. Tu no. Tu, va dato atto e ti rispetto, hai deciso che il lavoro non ti rovinerà la giornata. Non diventerai schiavo dei curricula, dei parolai al servizio del mercato. Tu sei uomo di cinema. Lo pensi perché scrivi lettere a un regista che ti odia, rompi le scatole alla tv pubblica ogni giorno. Perché vuoi che trasmettano i tuoi sciocchi film di inseguimenti e ammazzamenti
L'occasione della tua vita, povero pirla di un Raimo, arriva quando - per scappare alla mafia- arriva la troupe de Il Padrino. Pensi di lavorare come assistente, pensi che sarà la grandissima occasione. Tu sei depresso, stai male, ma come ogni maschi, ogni uomo, sei anche scemo. Non diciamo mai: sono depresso, non ce la faccio. Si beve, si inventano bugie, si crede che la volta è buona, si scopa e ci si ubriaca. I sentimenti fanno paura, le lacrime e il pianto vietati. Anche quando, e noi sciocchi maschi lo sappiamo benissimo, abbiamo voglia di piangere tutto il giorno. Sulle nostre macerie, ma no: bisogna credere, combattere, obbedire. Lo stronzo che ha inventato questo slogan del cavolo, ha finito la sua vita facendo da orologio a pendolo. Raimo, poco a poco le cose crollano

Un libro spiazzante. Di quelli che leggi divertendoti, trovando belle le trovate surreali, e poi piano piano, ecco: il dolore di vivere. La sciocca testardaggine umana, di rovinare l'amore. Distrutti dal lavoro, dalla responsabilità di essere madre senza marito a darti una mano, di esser padre, di vivere.
E le cose quando crollano fanno male, troppo per personaggi che ormai ami profondamente.
Sì, possiamo anche amare i personaggi di un film o di un libro. A me capita sempre.
 Si ride, ci si commuove e alla fine saranno le lacrime di persone dotate di sensibilità a trionfare. Per un finale tenerissimo, amarissimo, struggente.
In  mezzo tantissimo amore per il cinema, tantissima pietà per quelli che si perdono, non ce la fanno, e nonostante ciò barcollano, cercano di vivere e di far trionfare i loro sogni. In qualche modo, forse, sarà anche possibile
Opera da leggere, da tenere nel cuore.
Scusate per la cascata di parole, di frasi, di cose, scritte qui. Forse dovrei metter ordine e razionalizzare, ma la parole sono dinamite. Esplodono nel cuore e fanno tremare il sangue quando si legge qualcosa che ci tocca così profondamente

lunedì 12 settembre 2016

47 GRADINI AL BUIO di SIMONE LEGA

Una piacevolissima sorpresa. Ecco, come potrei definire questa lettura. Non tanto per il tema trattato, o per come si evolvono i fatti e i personaggi, quanto per l'ambientazione, la profondità e il rispetto nel scrivere personaggi, certamente legati al genere, ma mai mere figurine senza nessuna funzione se non quella di morire male
E qui, credetemi, si muore davvero male.
Simone Lega, usa un genere forse poco sfruttato, dalle nuove e "post-citazioniste" generazione di nuovi scrittori: il romanzo gotico.
Ci sono cripte, sotterranei, villaggi fatiscenti e boschi dove è facile perdersi. C'è il signore crudele, malvagio, ci sono gli innamorati divisi dal destino, sopratutto ogni personaggio è rappresentato, descritto, posto sulla pagina e nella memoria del lettore, con tanto amore e partecipazione.
Sono esseri umani che vivono in un tempo e periodo storico, che ci ha donato meraviglie artistiche e orribili massacri. Un po' come oggi, ma senza le meraviglie artistiche.
L'elemento fantastico, soprannaturale, orrorifico, è presente, ha una parte anche importante, ma non snatura una riflessione filosofica, ad opera dell'autore, sulla natura maligna del destino, degli eventi cui va incontro l'essere umano. Questo pessimismo cosmico con zombi, che condanna ogni personaggio, dove non conta molto essere buoni o cattivi, peccatori e santi, poiché destinati a un triste e solitario finale, tanto per citare alla cazzo di cane un bel romanzo argentino, come se Leopardi, Bergman, e tutta la corte degli artisti più raffinati, meditabondi, filosofici, abbiano deciso di mettersi a scrivere un romanzo di genere.
Questa è la differenza fra grandi scrittori e pennivendoli. Come nel cinema, un grande regista usa il genere per dire altro e un mediocre non va oltre al rispetto per inerzia delle regole, pure nella scrittura qualcuno è in grado di andare oltre a una storia di maledizioni, morti che tornano in vita,  Satana e tutto quello che potrebbe starci in una normale storia dell'orrore, per analizzare con attenzione e un umanissimo distacco, la sofferenza umana. Il doloroso mestiere di vivere. L'uomo schiacciato dalla classe dominante, l'infelicità e i traumi che possono trasformare un bimbo "buono, in un adulto malvagio.
Lega ci invita a riflettere su cosa significhi esser buoni o cattivi, che importanza possa avere e se non fosse più credibile il fatto che saremmo tutti- forse- condannati a una vita di sofferenze, disillusioni, rancori, ferocia e quindi alla dannazione.


Gran parte del fascino, del piacere, di questo libro e della sua lettura, deriva senza ombra di dubbio anche per via dell'ambientazione in epoca medioevale. La rocca di Castroverde, con la sua terribile maledizione che si cela nella cripta dove non riposano in pace i morti, la vita nel villaggio, le spiegazioni sulla vita in quel periodo, senza che il tutto risulti inventato, manipolato, ma anzi credibile e "realistico", è una delle cose positive di questo bellissimo romanzo.
Cupo, disperato, crudo, ma mai cinico, mai morboso, mai divertito della cattiva sorte che tocca ai personaggi, mai compiaciuto della violenza, inevitabile visto l'argomento, ma sempre con uno sguardo compassionevole, dolente, tanto da celebrare il genere, ma senza risultarne schiavo.
Lettura, quindi, assolutamente consigliata.

domenica 21 agosto 2016

ITALIA di FABIO MASSIMO FRANCESCHELLI

Debutto letterario davvero notevole per Fabio Massimo Franceschelli , il suo libro " Italia" è un avvincente storia corale e di apocalisse quotidiana, che rimandando ai lavori di un Niccolò Ammaniti,  descrive benissimo questo periodo quasi eterno di crisi sociale e individuale. Italiano, ma non solo.
Quasi come fosse una visione decadente, spezzata, tormentata, del "quarto stato", i personaggi di codesto ottimo libro, si muovono verso di noi lettori portandoci tutta la loro miseria di vivere. Tutti sono accomunati da un malessere esistenziale e sociale, quasi come se tutto questo male, questa mancanza di ideali, di interessi sinceri verso l'altro, questa povertà vestita di merci, violenza, solitudine acida e amarissima, fosse un'onda maestosa e appiccicosa di pece pronta a sommergerci.
Ci toglie il fiato la lettura di Italia,  perchè è dolorosa, amarissima, e in quella folla di perdenti e sconfitti, nonostante alcuni facciano lavori considerati "prestigiosi", c'è il terribile vuoto di un'umanità prossima all'estinzione, ma che un dio balordo e con un grande senso dell'umorismo, non concede a essa nemmeno una bella dipartita. Solo una cupa sofferenza, rabbia repressa, rapporti precari come il lavoro.


Per me, è un'idea che mi è venuta ora del tutto estemporanea, però io mi innamoro sempre delle mie idee e dei miei pensieri, sono i benefici di esser egocentrici, un buon autore è uno che sa creare immagini forti ed evocative.  Franceschelli, è particolarmente dotato per questo: il corteo silenzioso dei lavoratori del centro commerciale,  il minaccioso stormo di gabbiani, sono immagini ricchi di possanza. Da una parte, il corteo interno, in poche righe ci viene mostrato chi sono i lavoratori oggi. Mandrie portate al massacro, disuniti, perché parlare di unità in tempi di sfrontato, aggressivo, infelice individualismo, non ha più senso. Il lavoratore senza coscienza di classe, senza riconoscere le sue autentiche radici, senza solidarietà con gli altri, non è niente. Anzi meno. La democrazia ti fa fare le tue sfilate depresse o peggio ancora piene di slogan arrabbiati, come un padre permette al figliolo di piangere e arrabbiarsi, ma tanto poi- quando l'infante si stanca- lo mettiamo a dormire all'ora che abbiamo deciso noi. Ecco questa è la democrazia liberale: fai casino, urla, piangi, o rimani in silenzio. Tanto noi abbiamo la legge del mercato, la religione del denaro, dalla nostra parte. Pensare che oggi molti parlano del lavoro come di una cosa meravigliosa, che ti dà un ruolo e una missione sociale, mi fa solo ridere.
L'autore, però, ci mette una tenerezza disarmante nel descrivere questi lavoratori, come è evidente anche per gli altri personaggi. A distanza, rispettoso e pudico, evitando il ciarpame ridondante di frasi o passaggi retorici e melodrammatici, ma mostrandoci la fauna umana e la sua normale, naturale, disperazione. Che siano bulli di quartiere in divisa, uomini delle risorse umane, traffichini loschi, vecchi e ridicoli latin lover, donne spezzate dall'amore sbagliato, lo scrittore non condanna o giudica, non ti dice: va che coglione questo, ci arrivi tu lettore. Eppure, mi sento di dire, non c'è quella vigliaccheria tipica dei mediocri, che tanto va di moda oggi: non giudicare, non criticare. Tutto il libro ha una tensione quasi biblica, di una fortissima religiosità laica, che non lascia spazio a facili giustificazioni e compassioni. La Cattedrale, si chiama il centro commerciale dove è ambientato il romanzo. Non a caso, ma perché lì, un popolo che si crede libero poiché ha voltato le spalle all'idea nobile di dio o di una sana e preziosa ideologia, va a confessarsi, fare penitenza, celebrare la grandezza del creato, aspettare miracoli sotto forma di sconti.
Il libro è la visione allucinata di questa Babele. di questa terra di peccatori senza gioia di peccare, visto che il vizio, la trasgressione, la deviazione. sono materiali di massa e di consumo.
L'apocalisse, la natura che per un momento si rammenta di esser cacciatrice e maligna, non certo quella cosa da metter su facebook per ritrovare una delicatezza e dolcezza che non troviamo nei nostri simili, esplode e non potrebbe fare altro che in un luogo simile e tra personaggi simili.
Lo stile di  Franceschelli è limpido, tagliente, fatto di poche immagini che però spiegano benissimo il vissuto del personaggio.. Si nota una certa epica trattenuta, centellinata con parsimonia, ma mai troppo minimalista, mai accomodante, certo, però - grazie a josip vessarionovic dszughavili- nemmeno compiaciuta, cinica un tanto al chilo, pulp, molto pulp, pure troppo
Equilibrio teso, ecco come si potrebbe definire il libro .
Opera molto visiva, con forti agganci al cinema, non vuol dire che sembri una sceneggiatura, non sotto intende nulla di  critico, dico solo che è un libro molto basato sulle immagini, sul vedere, dove l'azione è pensiero e non viceversa.
Non mi dispiacerebbe veder una trasposizione cinematografica di questa splendida opera di debutto. Sopratutto le pagine conclusive sono potenti e cariche di epica apocalittica, da lasciar senza fiato.
In ogni caso, non badate a codesta recensione non proprio professionale, comprate questo libro.
Per voi, per la vostra/o amata/o, per un amico, pure per il vostro cane. Non importa, per chi, ma compratelo. Avrete tra le mani un oggetto misterioso, che filtra il genere e il pamphlet politico-filosofico, per costruire un avvincente ibrido.

lunedì 15 agosto 2016

La versione di c. di Cristiano De Andrè

L'uomo e l'artista. Questo scontro forte, violento, doloroso, non viene compreso e capito da molti. Si pensa che un grande artista, un uomo che sa far vivere le parole, trasformarle in diamanti preziosi, e in emozioni eterne, abbia anche qualità morali ben superiori all'uomo comune. Non è così. Spesso sono persone tormentate, fragili che fanno male a sè stesse e agli altri, padri assenti, uomini violenti, persi nella bottiglia da scolare o nelle droga, o nella più totale assenza verso i propri famigliari.
Un vecchio film di totò si intitolava: siamo uomini, non caporali. Ecco potremmo dire: siamo uomini, non artisti  con la coscienza immacolata, senza problemi e zone buie.



La versione di c è una toccante, commovente, durissima autobiografia, che supera il mero esercizio di descrivere una vita vissuta al fianco di uno dei più grandi cantautori italiani, e non solo.  Va oltre l'elenco degli amici del mondo dello spettacolo e dell'arte, nomi fondamentali e importanti, o della descrizione di come nasce un disco e una tournè.  In questo libro Cristiano De Andrè, si mette a nudo, con grande e sofferto coraggio. Ce ne vuole per metter nero su bianco la grandezza dell'artista e la debolezza dell'uomo, sopratutto di due uomini: padre e figlio.  Fabrizio, il poeta, il grande e stimatissimo artista. anche tanto assente nel rapporto con il figlio, in particolare durante l'infanzia e adolescenza. Cristiano testimone del naufragio dei genitori. Litigi, botte, una madre troppo fragile che getta la sua rabbia sul figlio, la sua solitudine e disperazione sul figlio. Poi arriva la droga, l'alcol, un terribile viaggio di studio in Inghilterra che si trasforma in dolorosi giorni di malattia, abbandono, quasi morte La sofferenza per il sequestro del padre e di Dori Ghezzi, il gesto di perdonare i propri rapitori che divide ulteriormente parte della famiglia. Il rapporto molto bello con il nonno, il padre di Fabrizio. E poi un matrimonio che finisce male, come altre relazioni, i figli messi contro dalla ex moglie. La paura di non riuscir a riprendere un rapporto con loro.
Ci sono anche i concerti, la soddisfazione per la seconda posizione a San Remo, con quel capolavoro che è Dietro la porta, i tanti musicisti e produttori che hanno aiutato l'autore a esser migliore come uomo di musica e anche umanamente. Perché nella vita non è mai completamente musical, ma nemmeno totalmente tragedia.
Un libro importante, potente, forte, il mettersi a nudo di un uomo ferito, fragile e forte allo stesso tempo. Un musicista, ottimo sottolineiamolo bene, che deve confrontarsi con il peso di esser figlio di un immenso artista, libro che in un certo senso ci fa capire che il figlio di un cantante famoso, ha gli stessi problemi famigliari e di relazione anche di un figlio di operai o impiegati, perché possono cambiare le ambientazioni, ma non il male di vivere, l'incapacità di comunicare amore, affetto, bisogno di aiuto.
Non c'è rivalsa, odio, vendetta, in questa opera letteraria davvero notevole. C'è tantissimo dolore, sofferenza, rimpianto per parole non dette, carezze non ricevute o date, desolazione per la fine del matrimonio dei genitori e per il proprio, questo sì. Ma anche moltissima compassione, pietà, una così preponderante umanità su tutto e tutti.
Avrebbe potuto scrivere un libro agiografico, riportando quello che i fans vogliono leggere, o abbandonarsi al rancore, non l'ha fatto
Ci ha donato la vita nella sua gioia e nel suo dolore, di due straordinari artisti. Un dono prezioso che non dobbiamo ignorare

giovedì 11 agosto 2016

LA VITA CHE SI AMA - storie di felicità di ROBERTO VECCHIONI

Una delle cose belle, nel fatto di aver uno o più blog poco letti, è che hai il potere di evitare grosse figuracce. Certo molti diventano blog star anche per quel motivo. L'effimera gloria in questi tempi vacui e fragili, passa anche da lì. Dicevo: ti leggono in pochi, pochissimi. Meglio così. Che io scrivo per me, principalmente, poiché nella parola scritta riesco a esprimere i miei sentimenti e idee. Sentimenti e idee, che sicuramente fregano poco assai a un artista come Roberto Vecchioni.
Non so come avvenga, ma nella vita di ognuno di noi ci sono le persone speciali. Chi sono costoro? Quelle che in un modo o in un altro ti insegnano a vivere. O meglio a dar un senso alla vita. Che altrimenti sarebbe un esercizio di stile per nichilisti annoiati. E io non sono né nichilista né annoiato, semmai spaventato, affascinato, stordito, meravigliato, angosciato, incantato, di fronte alla vita e alle sue scintillanti tristezze e splendide gioie.
Quando ami ti senti sicuramente più forte, ma sei anche soggetto a momenti di dolore, fragilità, ti chiedi: " e se finisse?". Ecco, io -nonostante tutto-amo questa cosa assurda e straordinaria che è la vita e per tutti codesti motivi, non potevo che apprezzare un libro che si intitola: la vita che si ama.


  

In questo libro si parla di una cosa tanto cercata, ambita quanto disprezzata e criticata: la felicità. Che non ha nulla a che fare con l'entusiasmo o la serenità, false piste, miraggi nel deserto dei sentimenti precari, nel mondo delle illusioni e delle libertà inconsistenti.No, signori, essa, è materia assai seria. Non per tutti, quelli che si crogiolano nella vigliaccheria del proprio imbruttimento, che vivono solo per gioire del dolore altrui, ecco non solo non la conosceranno mai, ma sono indegni di essa. Senza alibi di sorta. Senza giustificazioni. Devi impegnarti a fondo per trovarla e gettarti nella tempesta e nel vento, ecco quella è la felicità.
Che si accompagna con il dolore, dandosi pacche sulle spalle, ubriacando l'anima delle persone. Tutto qui. Nei racconti del libro troverete questo. L'incanto per aver trovato la donna della nostra sciagurata vita, e quindi il desiderio di sfidare il tempo per esserci da e per sempre. Che bambina eri? E che ragazza? E ora? Come invecchieremo insieme? Si parla di una casa che ha visto i momenti migliori e la tragedia che colpisce un figlio, di colleghi impazziti per un passaggio particolare, una traduzione di una poesia, di un padre che giocava il cielo a dadi, di ragazzi innamorati, di come nacque "luci a san siro".
C'è dentro la vita mescolata, condita, impreziosita dalla forza immaginifica del racconto. Si, carissimi miei: a noi piace raccontarcela la vita. Non per sfuggire da essa, ma per aiutarla, che anche lei ha bisogno di esser vezzeggiata, coccolata, di sentirsi dire cose belle ed epiche. Perché l'arte che sia altissima o da pian terreno, ha questo di bello: la giustizia. E quindi puoi sistemare le cose che andrebbero sistemate, o raccontarle per quelle che sono. Sopratutto però, cosa fondamentale, tenendo ben presente una cosa: i sentimenti, proprio loro, sono alla base di ogni cosa.
Io ho trovato questo libro un piccolo e prezioso contributo alla felicità. Potrebbe accompagnarvi casomai voleste avventuravi sulla e per la strada che porta ad essa.

Queste poche parole che ho scritto le dedico a mia moglie, che mi ha indicato due anni fa, il mio piccolo e sgangherato sentiero che porta alla felicità per quelli che come me forse se la sono voluta negare per troppo tempo. A lei che ascolta Guccini, ma dà retta a Vecchioni . E a voi, per il tempo che state regalando alla lettura di questo post.
                     

lunedì 18 luglio 2016

Stupore e Tremori di Amèlie Nothomb

Stupore e tremori, così ci si doveva presentare dinnanzi all' Imperatore del Giappone, in questo modo vivono gli impiegati giapponesi nel confronto gerarchico con le autorità della loro azienda. Atteggiamento difficile da comprendere per un occidentale, ma credo che anche da noi i rapporti capi e dipendenti siano regolati da dinamiche di rapporti di forza semmai sono i contorni e le sfumature a far le differenze.
La storia  è quella autobiografica della protagonista Amèlie , figlia di un diplomatico, costei nasce e cresce in Giappone. In questa nazione vi passa l'infanzia, sicché vien facile mitizzare il luogo e gli abitanti.
Tornerà anni dopo, ormai grande, nei primi anni 90. Trova lavoro in una megaditta che sarebbe onore e vanto per Fantozzi, e comincia la sua avventura tragicomica in un mondo alieno e ostile.



Il mondo della Yunimoto si palesa per un mondo/universo assurdo e grottesco se visti con gli occhi di uno che non è nato e vissuto in Giappone. La rigidità dei comportamenti, la dedizione quasi masochistica nei confronti dell'azienda e dei suoi capi. Un mondo dove tutto si regge sulla "facciata" e la formalità. Quasi del tutto privo di emozioni e umanità.
La protagonista vive un anno di terribili avventure che scatenano l'illarità nel lettore, ma son risate a volte amarissime.
Si trova a svolgere tante mansioni: servire il caffè, occuparsi di far un rapporto sul burro da usare per una delegazione belga, occuparsi di cambiare giorni e mesi nel calendario, controllare le fatture e altro. Combinerà sempre dei pasticci volente o no. Non mancano i momenti di grande umorismo. Sopratutto nello scontro con la sua superiore Fabuki
Fino alla sorpresa finale.

Un libro che si legge velocemente, cattura l'attenzione del lettore grazie alla scrittura brillante e ironica di Nothomb,  ci fa riflettere perché quel tipo di non vita, sacrificata a un lavoro  che spesso nemmeno piace,  dedicata alla produzione di cose che non ci appartengono, basata su rigidi rapporti formali di autorità lavorativa e non solo, più o meno si vivono anche da noi. Solo che qui il lavoro è diventato con il tempo pessimo, i capi assomigliano a quelli giapponesi nell'arroganza, ma non nell'efficacia , se vuoi vederci delle differenze, ma credo siano minime. Per il resto il lavoro serve per sostentamento, ma non deve esser mai la vita. Mai. Non ci deve alienare e snaturare per un posto di lavoro, non si deve esser obbligati alla birra con i colleghi, tornare a casa tardi, non riuscire a stabilire rapporti profondi con la famiglia, perché l'azienda ci prende tutto. Per primo: la nostra vita e umanità.
L'autrice descrive, parlando della sua superiore con la quale vive un rapporto conflittuale per tutto il romanzo, con una piccola sorpresa nel finale, delle condizioni femminili in Giappone, non proprio allegrissime.
Il tutto viene sempre filtrato con umorismo, ma la sostanza è spesso tragica.
Nonostante questo sarà per Kurosawa, Ozu,  Kore-eda, sarà per i cartoni animati e per certi loro scrittori, al Giappone un po' - pochino- di bene gli vogliamo.
Un bene pieno di stupore e tremori

mercoledì 13 luglio 2016

IO UCCIDO di Giorgio Faletti

Quante cose ci perdiamo per colpa dei pregiudizi? Direi molte. E quanti pregiudizi abbiamo del tutto futili, immotivati, basati su pensieri astratti circa cosa e chi sia un buon libro o un buon scrittore. Prendiamo per esempio : Giorgio Faletti. Si era deciso, alcuni, che essendo un comico non fosse in grado di scrivere romanzi di alto spessore, ma robe dozzinali. Che fanno soldi e vendono, per questo chiaramente devono esser brutti.
Invece Faletti era un grande artista, capace di farci ridere con i suoi personaggi al Drive In, di portare a San Remo una canzone meravigliosa come " l'assurdo mestiere" e di scriverne tante altre di belle per molti importanti artisti italiani, e infine un buonissimo scrittore.




Opera di debutto che segna la nascita di un romanziere di thriller che nulla ha da invidiare ai famosi colleghi americani. Opera di largo respiro internazionale, che gioca alla grande  La storia è quella classica di un pericoloso e inafferrabile serial killer, c'è l'ex agente fbi tormentato da un passato carico di sensi di colpa, l'amico commissario della polizia di Monaco, un dj che riceve telefonate dal pericoloso criminale. Ci sono delitti di assoluta ferocia e brutalità, ma a render suggestivo il romanzo ci sono i personaggi.
Faletti mostra una dote naturale nel saper descrivere un'atmosfera di grande malinconia e di donare a tutti i personaggi, più o meno, sprazzi di potente umanità. Fragile, dolorosa, intensa.  Così ci mostra esseri umani dominati dal destino o che devono far il conto con esso, sfidandolo, vedendo se è possibile cambiarlo, almeno un po'. C'è chi ha perso una moglie, chi un figlio, chi è diventato un pazzo per un padre crudele e per l'amore nei confronti del fratello. Il tutto immerso nel mondo dorato di Montecarlo, con i suoi personaggi famosi, il danaro, il lusso sfrenato, la ricchezza. Faletti mostra il vuoto e la tristezza che c'è dietro e lo fa benissimo.
Il romanzo funziona benissimo come puro thriler: colpi di scena,  omicidi truci e crudi, tensione, non manca nulla. La carta vincente è proprio l'evoluzione e la descrizione di ogni singolo personaggio, come King, Faletti riesce a dar spessore a ogni comparsa in questo libro monumentale, quasi mille pagine, fondendo il ritmo del genere con sprazzi di toccante umanità.
Frank Ottobre è un protagonista difficile da scordare, come la sua storia d'amore con la figlia di un bastardo generale americano.. Se il dolore può renderci schiavi e portarci alla follia, come capita al serial killer- capace però di un momento di tenerezza per un amico oligofrenico- può anche esser un mezzo che fa conoscere l'amore della nostra vita e poi insieme possiamo e dobbiamo susperarlo.
Romanzo meno banale di quanto si possa credere. Romanzo che merita di esser letto e amato.

martedì 12 luglio 2016

THE DOME di STEPHEN KING

Visti, osservati, da altra angolazione e distanza, che differenza c'è tra noi esseri umani e gli insetti?Siamo in tanti attaccati l'un all'altro nelle nostre città, nei nostri paesi, ci sentiamo importanti nel bene e nel male, perchè vivi e quindi dotati di sentimenti,  sogni, obiettivi. Ci si innamora, di una donna, di un cane, di un'idea. Sopratutto ci piace quella dolce illusione chiamata : libertà.  Ti sposti da una parte all'altra, cambi amicizie, amori, sempre libero e in movimento. Tutto ti appare più sostenibile. Ma se tu fossi costretto a rimanere fermo, immobile, in un solo territorio? Che accadrebbe? Come si comportano gli esseri umani, in costrizione?
Leggete The Dome e lo saprete.



Come sempre lo scrittore del Maine ambienta la sua storia in una piccola cittadina di provincia americana. Nel locale, nel piccolo, nelle vite apparentemente ordinarie, si nasconde il messaggio universale, che parla a tutti noi, circa le nostre glorie e cadute. Il bene e il male agiscono quasi sempre e quasi dovunque alla stessa maniera. Lui ti descrive Big Jim e ti viene in mente che di individui simili, ne hai conosciuti anche in Brianza Come anche tanta brava gente come Rusty, Dale e così vicini a noi
Come sempre, più che l'elemento fantastico e le pagine ricche di particolari macabri, contiamo noi: contano gli esseri umani  L'abilità di King è di dar peso e sostanza anche a chi compare per pochissimo nella storia, giusto per farti star male quando muore. Ogni essere umano è importante, e la sua morte non deve stuzzicare i tuoi bassi istinti, ma colpirti, far male.

Così come impareranno i cittadini di questa cittadina, costretta a rimanere esclusa dal resto del mondo, da una stranissima cupola che li ha rinchiusi e tagliati fuori dal mondo. Questo inaspettato evento porterà a galla le personali ambizioni, i misfatti, i crimini e anche la solidarietà, l'unione, l'amore, tra il giovane protagonista ex veterano della guerra in Iraq e la giornalista locale. Si mette in scena lo scontro tra dittatura, con la scusa della situazione d'emergenza e di dar sicurezza e ordine alla città, e democrazia umanista, che cerca in quel contesto di mantenere i sentimenti, le relazioni, la lucidità necessaria.

The dome è un libro anche molto  tragico. La morte colpisce anche innocenti, vittima della follia dei mediocri. Perché ci dice anche questo: tu dai la divisa a un cretino e quello si sente un padre eterno, per cui si sentirà in diritto di vita e morte sulle vite degli altri.  In bilico tra pessimismo, e la ricerca di uno sguardo più felice e partecipe sul destino, la vita, dell'umanità, la lettura scorre veloce ed avvincente per le sue oltre mille pagine.  Si detesta i cattivi come Big Jim o suo figlio Junior, si ha pena per le vittime, si spera che i nostri personaggi preferiti possano uscirne vivi. E nel frattempo: uomini, donne, bambini, anziani, animali, tutti bloccati e rinchiusi aspettano di poter esser liberati. Sarà il governo o forse entità di altre galassie? Forse solo dei bambini che ignari di tutto procurano dolore, come ci viene facile farlo noi? Non ve lo dico. D'altronde The Dome è anche un libro politico che parla dell'America e delle sue contraddizioni, tra deliri di conquista e dominio, con Dio usato per nascondere ogni nefandezza, ossessionata dal potere e dal denaro e un'altra America, quella che ci piace di più, che guarda alle persone e alla loro vita: decente e libera. Per me la seconda è pura fantasia, ma vivendo in una sua (ex) colonia, non posso non sentirne l'influenza politica, culturale, sociale.

Libro avvincente, entusiasmante, che dona personaggi indimenticabili, un finale commovente. E qualcuno osa dire che King non sia un grandissimo Autore! Meritereste di passar la vita con Big Jim e i suoi scagnozzi. A noi piace l'umanità e teniamo nel cuore Dale, Rusty, Julia, alla quale è affidata il bellissimo finale. Noi siamo per l'umanità che resiste, perchè libera e fiera di amare. Cupola o meno.

lunedì 11 luglio 2016

Cipì di Mario Lodi

Che fine ha fatto la " narrativa per bambini"  ? Esistono ancora libri educativi per i più piccini? Molto probabilmente sì. D'altronde i bambini continuano a nascere, per cui la necessità di aver libri di formazione per i bimbi, non penso sia del tutto tramontata. Esattamente come per la poesia, penso che la narrativa infantile sia un pianeta a sé, nell'universo ampio e infinito della letteratura. Il compito di aiutare i più piccini a comprendere i meccanismi della vita, attraverso il discorso della fiaba, va oltre la semplice abilità narrativa. Cè forse un po' di psicologia, e non solo. Però è fondamentale, necessaria, importante. Spesso viene liquidata come cosa per bimbi, nel senso dispregiativo del termine. Cioè qualcosa di semplicistico, banale, sentimentalista. Ma anche se fosse? Va bene così. Ci penserà la vita a renderlo un adulto qualunquista e pressapochista che legge e cita la Fallaci a cazzo di cane. Lasciamo che da bimbi, l'incontro con i libri e il piacere di leggere, avvenga sotto la luce splendida splendente di storie emozionanti, semplici, dirette, eppure ricche di simbolismi e metafore,per insegnare a loro che la meraviglia per la vita, l'amore, la morte, il dolore, è la cosa che ci rende umani.




Ok, è andata così: avevo la febbre, giusto? Direi proprio di sì. Per cui, mentre mia moglie era al lavoro, io me ne stavo a recitare la mia parte di moribondo a casa. Una buona interpretazione. Non ti dico da Oscar, ma un Nastro d'Argento, forse sì. A un certo punto, mentre mi aggiro come  uno zombi in casa, mi imbatto in codesto libro: Cipì di Mario Lodi. Non so cosa sia. Mai sentito in vita mia. Lo prendo, è un libretto corto. Una piacevole lettura penso.
Ecco: la lettura non solo è piacevole, ma è anche avvincente. Ci si appassiona subito a codesto libello. Solo che c'è un piccolo particolare: è triste. Si, ogni fiaba ha un suo elemento di tristezza. Lo so. Ma questo è...Davvero triste. Però di quella tristezza fondamentale che poi serve per raggiungere consapevolezza e gioia. Un insegnamento che oggi, nella debole cultura della felicità precotta e veloce, della soddisfazione del proprio sé in chiave edonistica e superficiale, viene visto come bigotto, reazionario. Oggi viviamo in un mondo di teste di cazzo, ecco . Sicché freghiamoci di quel che dicono o pensano gli altri, e godiamoci la lettura, ma sopratutto il mondo di questo passerotto
La storia è quella di un passerottino curioso, pieno di iniziativa, leale e puro che conosce il mondo e le sue tante meraviglie, ma anche i pericoli. Che siano un campo di grano o il cielo infinito, simboli di gioia e allegria, che il gatto o un temibile gufo, simboli di morte e dolore.
Commuove "Cipì" e non si preoccupa di farlo in modo devastante. Nel 1972, quelli che avendo problemi con le proprie emozioni e la vergogna di palesarle, ciarlano di " cinema trattenuto", di distanza, equilibrio, ecco questi non c'erano. O giustamente non venivano ascoltati. Non ci si vergognava di piangere e an che tanto per un uccellino e le sue tragiche avventure.
Dalla morte di una piccola margherita, all'inverno tragico, alla moria di piccoli per colpa di un gufo. Sono passaggi necessari: si vive e si muore. E in mezzo, tra questi due grandi eventi, c'è spazio anche per trovare la compagna della propria vita, altro messaggio che in epoca di precarietà sentimentale, par assurdo, la comprensione che non siamo soli, ma viviamo in collettività e quindi dobbiamo cooperare, condividere, aiutare gli altri. Ci insegna che talora non verremo capiti e forse anche disprezzati dagli altri, perché la voglia di sapere e la verità, ci spingeranno a non accettare dogmi e verità rassicuranti, ma non dimostrate. E che , quando tutti ci odieranno, è fondamentale non darsi per vinti, ma lottare per la verità. Non tanto per un riscatto personale. No, ma per tutti: noi e gli altri.
Il libro è frutto del lavoro collettivo dello scrittore e dei bimbi di una scuola materna, dove lui - mi pare facesse il maestro- è una perla struggente e appassionante di purissimo sentimento e lezioni di vita, etica, morale. Si, parole che agli uomini liberi e infelici fan tanto paura, ma lasciamo che almeno da bambini, queste cose ci aiutino a crescer un po' meglio.
Riprendiamo l'abitudine di leggerli codesti libri, non tanto per i nostri figli, ma anche per noi stessi.  Ritorniamo a una vaga e imbarazzante purezza di sguardo, di animo. voliamo nella vita e nella morte con Cipì. Non potrebbe che farci del bene.

giovedì 19 maggio 2016

Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti

Talora è giusto accettare consigli su letture o ascolti o visioni, che , per mille ragioni, noi rifiutiamo da una vita. Sai, come è? Abbiamo i nostri scrittori e artisti di riferimento, ma abbiamo anche quelli da lista nera.  Ammaniti era uno di questi. Forse lo rimarrà, devo leggere altro per capire quanto mi piaccia o meno.
Rimaniamo però su codesto romanzo del 1999, fine secolo e fine millenio, che a Ischiano Scalo quanto pare non sentono affatto, o quantomeno non è su questo che si centra il romanzo.
Ti prendo e ti porto via narra di un paese e dei suoi abitanti. Chi come Graziano ha girato il mondo suonando la chitarra e facendo il latin lover, chi come Pietro ha vissuto sempre lì i suoi dodici/tredici anni in una famiglia mostruosa, ma non perchè particolarmente strana, ma perchè normalmente disfunzionale, e così di seguito tutti gli altri personaggi. Per nulla piacevoli e degni di stima, ma a loro modo così "piccoli e fragili" da esser compresi. Si "vede", si "tocca" e "sente" questa umanità  gretta, a volte meschina, ma anche piena di malinconica dolcezza, di momenti fugaci in cui si palesa autocritica, voglia di amare, eppure votata al fallimento, a una splendida agonia di mortificante mediocrità.
Ci sono i bulli, gli sbirri che cercano pateticamente un riscatto sociale spaventando una coppia di ricchi alternativi, c'è il bidello che tenta di sfruttare una situazione di vandalismo all'interno della scuola, in un affare di gloria personale e di danaro.
C'è un mondo che distrugge le persone candide, buone, timide. Perché si lasciano trascinare dai cretini, dai disadattati, perché non abituati al male, quello piccolo, sciocco, quotidiano, fatto di piccole angherie, delinea un mondo dove cretini di ogni età dominano su dei poveracci che per troppo candore finiscono vittime di tragici eventi. Portando e ricevendo dolore e morte.
Ischiano Scalo, terrificante paese di sottocultura proletaria e sogni di gloria provinciali, è un girone infernale per i personaggi come Pietro e Flora, segnati già nella famiglia, distrutti dalla società.
Il lettore non può che partecipare e commuoversi per le disavventure di Pietro, Flora, Mimmo, Patti, e Graziano. Eroi tragici di una commedia ttragicomica che è la vita.





Oltre a questo l'autore ci avverte su come non si possa giocare, anche in buonafede e maldestramente, con la vita altrui. Che l'amore e la felicità sono cose fondamentali e importanti e non possono esser sacrificate al dolore e alla morte, per colpa di un cretino che pensa a sé stesso e non capisce che per una donna mai amata, certe parole e gesti sono importanti.
Quante volte abbiamo incontrato o siamo stati noi stessi, il male è di bocca buona do coje coje e si accontenta anche di noi moralisti radical chic eh,  persone che fanno promesse a cuor leggero, senza responsabilità verso le parole, i gesti, i sentimenti? Molte volte. Una pratica abominevole e disumana, che detesto.  Perché mentre per noi è solo una scommessa con noi stessi, su quanto possiamo conquistare e far nostra una persona, peraltro in difficoltà perché non conosce la vita e l'amore, per altri è la svolta, la grande occasione, è l'amore assoluto e totale. Non c'è nulla di peggio che ingannare una persona innamorata, sopratutto se l'ingannatore è una persona che agisce per vendetta e rancore contro una ex.
Si, è una lettura dolorosa, per quanto talora divertente, ma necessaria, commovente, epica.
Rendere memorabili gli ultimi, gente mediocre, rivoltante e patetica non è da tutti. Mostrare dietro a tutto questo una parvenza di umanità è da scrittori davvero notevoli.  Non scrivo ora che Ammaniti, improvvisamente, sia diventato uno dei miei scrittori preferiti, ma in questa opera ha dato vita a un universo di anti eroi straordinari nel loro esser così mediocri e unici.