giovedì 12 gennaio 2017

Che mi importa di re cetriolo di Christine Nòstlinger

Possiamo elaborare le teorie più profonde e progressiste su ogni argomento, spostare in avanti sul terreno sociale l'idea che tutto sia normale una volta che ci facciamo l'abitudine, anche non aver legami profondi con nessuno, in particolare il nucleo famigliare di origine, e stare benissimo soli in un mondo di gente dinamica, che fa gioco di squadra, che lavora in aziende dove tutti sono una famiglia.
Solo che il dinamismo imposto da un'evoluzione di e per il mercato ti porta allo stress di competizione e all'esclusione di ogni collaborazione che non sia legata al qui ed ora, il gioco di squadra non unisce i giocatori e li sprona solo a rubare tempo alle loro vite per arricchire pochi, finito il gioco nessuna squadra, nessuna conoscenza in più. L'azienda come famiglia, penso sia molto lampante, no?Una delle grandi cazzate di questi tempi. Dove la famiglia, come la rivoluzione, la democrazia, la civiltà e la vostra amatissima libertà, sono diventate parole vuote. Senza significato alcuno.
Una sorta di autodeterminazione di rappresentanza, legata all'unicità del singolo massificato legato a un infantile bisogno di soddisfazione permanente,  mina dall'interno uno dei pilastri fondamentali delle società passate, presenti, future: la famiglia. Che sia tradizionale, moderna, tutto gira intorno ad essa. I problemi piccoli o grossi che abbiamo, le certezze e i caratteri , tutto parte da lì.
Molti sono i saggi, o i romanzi seri destinati a persone adulte, su questo argomento. Il punto è questo: possiamo scrivere un ottimo romanzo per bambini e pre adolescenti, su questo tema? Come farlo? Non rischiamo di banalizzare il tema?
Questo piccolo, magnifico, entusiasmante libro, ci mostra che tutto dipende dal "chi" e "come" viene affrontato l'argomento.
Cosa narra il libro e come lo fa? Narra le comuni vicissitudini di una classica famiglia austriaca di metà anni 70. Nonno, padre, madre, tre figli.Dove i bimbi sono materia e oggetto dell'autoritarismo paterno, della distanza materna, delle piccole attenzioni del nonno. La famiglia pur vivendo sotto rigide regole imposte dal capofamiglia come se fossero leggi sacre, ci appare subito un luogo disfunzionale e disgregato. Tracce di pedagogia nera, termine tanto caro ad Alice Miller, rancori sopiti e trattenuti, un certo rapporto logoro trasformato in normalità dal vivere quotidiano, sono alla base di questa famiglia. Che poi diventa il modo con cui gli adulti trattano i bambini o i ragazzini. A casa e a scuola: come degli oggetti che devono esser riempiti come tacchini alla cena per il ringraziamento, di idee, valori, regole, da rispettare perché lo vuole il babbo o il professore. Cresceranno cittadini timobondi davanti alle autorità, in pubblico, ma privi di morale nel privato.  L'educazione imposta non serve a nulla, se non a vivere in pace come genitori o professori
Questo universo rigido e soffocante viene mosso dall'arrivo di uno strano essere: Il Re Cetriolo. Cacciato da un colpo di stato da parte delle patate, suoi sudditi, il quale in quella famiglia trova un comodo rifugio per elaborare il suo diabolico piano di rivalsa contro i suoi cittadini.  Il magico non interviene per sanare la situazione, ma anzi la peggiora. Il padre, un uomo mediocre che aspira al successo, sordo alle richieste affettive degli altri, si lascia conquistare da questo reuccio ridicolo, meschino, che parla un improbabile latino. Anche il figlio minore apprezza il nuovo arrivato. Gli occhi di un innocente vedono solo innocenza.  Ma Wolfi, il protagonista e sua sorella maggiore, Martina, non ci cascano e cercano di sbarazzarsi di quell'intruso. In scena viene messa la dinamica del conflitto in seno alla famiglia, in anni in cui una certa libertà delle persone poteva far credere che sarebbe venuta anche l'era del cinghiale bianco, se si fosse voluto. Importante però, non dimentichiamolo, che questi conflitti sociali e personali hanno pur sempre messo in atto una riflessione alta e nobile su argomenti fondamentali.
Così questo libro ci spiega che una buona famiglia è quella dove si discute, si riflette, ci si arrabbia pure, ma nessuno viene escluso. Nessuno è troppo vecchio, troppo giovane, troppo alternativo o troppo donna, per non meritare attenzione. L'autrice non isola la famiglia in un regno a sé stante, ma la collega alla scuola, e alla società (la rivoluzione delle patate è una sorta di inno alla rivoluzione socialista e a una vera democrazia partecipata) perchè i libri per i bimbi o i ragazzini non sono una serie di baggianate insulse, ma spiegano a loro la vita, le relazioni, tante cose.
Anche la morte, come vedremo nella prossima recensione di un altro classico del genere.

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