venerdì 15 dicembre 2017

ERA FACILE PERDERSI di UMBERTO VIVALDI

Cosa definisce in modo insindacabile cosa sia un buon libro? Come facciamo a distinguere la buona o cattiva letteratura? Chi è uno scrittore?
Sono tutte domande che ci poniamo noi appassionati di letteratura e - mi dicono- anche qualche critico. Oggi il relativismo culturale, figlio delle nuove tecnologie che permettono a ciascuno di noi di scrivere libri e pubblicarli in totale autonomia, fa fatica a dar risposte precise
Come tutte le forme d'arte e di lavoro, anche la scrittura ha bisogno di regole precise.
La famosa tecnica, elemento imprescindibile per affrontare qualsiasi lavoro.  Tuttavia è solo la forma, solo un discorso di curare in modo particolare essa, lasciando che il linguaggio del vissuto, l'esuberanza di una forzatura,  la delirante e anarchica potenza della fantasia, debbano conformarsi a regole fondamentali ma che sono il punto di partenza e non l'arrivo per una buona storia?  Una domanda che contiene la risposta  ma che reputo importante fare ( visto che si discute molto su buona e cattiva letteratura, scrittori seri e pennivendoli).
Io penso che la storia sia tutto. L'idea efficace, i personaggi che non stanno quieti dentro la pagina, ad eseguire da bravi bimbi le indicazioni del narratore ma che scalpitano, lottano, li senti vicini a te mentre leggi
Questa è letteratura per me.
Era facile perdersi è il libro di debutto di uno scrittore livornese : Umberto Vivaldi .
Il libro narra la sua vita abbracciando decenni di vita italiana. Non c'è la Grande Storia, ma ci sono tutti gli elementi alla base di tutta questa grandezza: la vita spiccia, quotidiana, del proletariato.
Io sono convinto che la nostra esistenza sia di per sé arte: cinema, letteratura, decidete voi. Ho questa fissa perché ognuno di noi ha qualcosa di epico, importante,  comico, spaventoso, da raccontare
Durante gli anni soffriamo, ridiamo, amiamo, le prendiamo e restituiamo. Vittime e carnefici, geni e cretini, tutto senza un preciso confine.
Questo libro solo nelle prime dieci pagine è talmente pieno di eventi che spazza via ogni scrittore del popolo che scimmiotta i generi americani e inglesi, magari pensando di essere un ribelle contro la casta dei radical chic.
Questo libro prende a pugno ogni scrittore artista e borghese, di quelli che vivono lontani dal popolo. Persi in una cultura rigida, immobile, polverosa
Questo libro è vita
A volte dolente, spesso violento e brutale, qualche volta comico. Sempre sentimentale, come sanno essere i livornesi.
La storia di Umberto e di suo fratello Ugo, del padre comunista che vive momenti di assoluta tristezza per l'abbandono della moglie ( che scappa con un altro). I figli che crescono passando di zia in zia, di baracca in baracca. Facendo a pugni, rubacchiando, lavorando e spezzandosi la schiena nei posti più duri e poco sicuri.
Una storia dove ci sono gli elementi fondamentali per essere uomini: amore, amicizia,  il rapporto coi genitori.
Certo grammaticalmente non è perfetto,  è il lavoro di un autodidatta. Ma se l'arte serve per scuoterci  dalla mediocrità e dalla noia, questa opera ha fatto "centro"
Epico, feroce, crudo, commovente, vero. Quando la parola diventa più grande della vita e la vita è un romanzo da leggere tutto di un fiato.

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