mercoledì 15 febbraio 2017

CUORE di EDMONDO DE AMICIS

Probabilmente è il libro più odiato, deriso, dalle masse di lettori acuti e poco avvezzi a sollazzarsi con smancerie retoriche e paternalismi d'accatto. Superato, forse, solo dai Promessi Sposi, al quale non si perdona il bigottismo.  Eppure, codesto libro, coi suoi 130 anni o giù di l^, rimane ancora un piccolo, grande classico, della letteratura infantile, a livello mondiale direi.
Oltre alle infinite trasposizioni cinematografiche, a una serie animata giapponese e le tante parodie, segno che in un modo o nell'altro fa parte dell'immaginario collettivo e ognuno di noi ne porta memoria e traccia con sé. Certo non possiamo negare che ecceda in una retorica patriottica assai pesante, ma è migliore a quella attuale fatta di nazionali di calcio e marò.
"Cuore" è un libro di formazione, educativo, indirizzato ai bambini / ragazzini, per cui ogni cosa viene semplificata, ma non banalizzata, basta saper leggere tra le righe e noterete appunti sulle classi meno abbienti assai forti.
L'unità d'Italia ha lasciato fuori i poveri, come l'erbivendola ad esempio o altre famiglie di operai, muratori.
De Amicis è figlio dell'alta borghesia, uno che si è potuto permettere certi studi, e una carriera militare che lo vide partecipare anche alla battaglia di Custoza.  Cominciò la sua carriera di scrittore, come giornalista militare. In seguito si dedicò alla scrittura di finzione.  " Cuore" è il suo romanzo più popolare, pieno di nazionalismo e spunti educativi, fu ostacolato e criticato aspramente dai cattolici del tempo, poiché non c'è mai una piccola menzione a Dio e alla religione, se non in una frase della madre del protagonista, ma di nessuna rilevanza.
Nel 1896, lo scrittore si appassiona alle idee socialiste, diventa amico di Filippo Turati e collabora con diverse testate di propaganda per questa ideologia politica. Lascia alle spalle il patriottismo spiccio di "Cuore" e si dedica a questioni di classe.
La vita privata dello scrittore, purtroppo, è segnata da una gravissima crisi matrimoniale e dal suicidio di un suo figliolo, ne ha due.




L'opera è strutturata come una serie di episodi,  quasi mai legati tra di loro, segnati sul diario di un alunno: Enrico. Il quale scopre il mondo attraverso la vita dei suoi compagni, del maestro, delle altre famiglie.Nel romanzo ogni classe sociale viene rappresentata, e si nota che allo scrittore interessa la collaborazione, condivisione, tra esseri umani, i quali per caso sono capitati in famiglie più o meno economicamente fortunate. A intervallare le annotazioni del piccolo Enrico, ci sono le raccomandazioni del padre e della madre, didascaliche e retoriche, ma la loro funzione educativa non poteva esser descritta con altro linguaggio; e i racconti dedicati ai piccoli eroi della "giovane italia", come Il Piccolo Scrivano Fiorentino, Dagli Appennini alle Ande, Il Tamburello Sardo e così via.
Racconti che spesso finiscono male, strazianti e commoventi.
Si, cari miei, lo scrittore gioca sporco e fa ricatti morali a destra e mancina, ma è più che lecito farlo, in quanto codesto libro punta tutto sulla forza dirompente dei sentimenti, del melodramma, della commozione popolare, ma è decisamente ben scritto
La sua forma di diario per me è l'idea giusta che rende il libro ancora oggi, un classico da leggere e regalare ai piccini picciò, vista la penuria di romanzi formativi per costoro.
Nella semplicità del linguaggio e degli esempi, credo, si possa donare ai figlioli stimoli per pensare al loro rapporto con gli altri. Ogni classe ha il suo Derossi, Garrone e persino Franti. Per cui, tolti i richiami più pesanti al nazionalismo italico, credo possa rivelarsi assai utile come momento di riflessione sul cameratismo studentesco, il rapporto con gli insegnanti e così via.
Pur con tutti i limiti che uno vorrebbe trovargli, il romanzo ci ha donato personaggi intramontabili e leggendari: dal maestro Perboni, a Garrone - il gigante difensore dei più deboli, e così via.
Elemento particolare, a mio avviso, è che il protagonista del romanzo non spicchi per elementi positivi o particolari. Eco ci vedeva la mediocrità che sarebbe sfociata nel fascismo, oggettivamente sbagliava, suggestionato- come molti intellettuali, forse per un certo senso di colpa o di liberazione dall'educazione famigliare-  dalla figura di Franti, il quale non è un ribelle che combatte contro il sistema, ma semplicemente un prepotente, manesco, non proprio coraggioso- ha paura di Garrone perché più grande e grosso di lui- sicché mi par più fascista costui. In ogni caso, lasciamo stare la polemica col buon Eco, ritorniamo al romanzo: è un'opera che piacerebbe a Spielberg, perché parla di gente media, o di bassa estrazione che fanno cose grandi per amore degli altri o di un'idea. Enrico è proprio uno dei tanti eroi spielberghiani, all'apparenza modesto e di poco peso, ma attento osservatore del mondo che lo circonda, che guarda ora stupito, ora colpito. Un bambino come tanti: non troppo studioso, non sempre buono o nel giusto. Questa cosa mi piace molto.
"Cuore" è un libro che , esattamente come il meraviglioso cinema di Matarazzo,  non ha mezze misure, si perde nel ridicolo e nel ridondante, ma per eccessivo amore e partecipazione emotiva nei confronti dei fatti  e personaggi narrati.  In un mondo dove tutti fanno i fichi radical-cinic, dove la forza del sentimento è sottomessa a un razionalismo fatalista e tedioso, ben venga "Cuore"
Sopratutto una lettura certamente critica nei confronti di molti suoi elementi, ma ancora capace di certe emozioni basilari, elementari, per cullare il bambino in noi.
Buona lettura!

Nessun commento:

Posta un commento