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martedì 10 novembre 2015

NELLA LUCE di FRANCESCA FICHERA

Chissà come mai a noi baldi e ruspanti giovani scrittori della nuova generazione di narratori popolari, amiamo tanto le storie apocalittiche? Forse perché possiamo dar libero sfogo alla nostra fantasia. Non ricordiamo più come è fatta una strada, un quartiere, una città? Eh sai, c'è la fine del mondo! Sicché possiamo inventarcela noi la nostra città Possiamo inventare i pericoli, copiare dai classici del cinema e spacciar il tutto per idee meravigliose di contaminazione tra mezzi artistici.
Possiamo insomma divertirci. E, si spera, divertire.

No, per carità: tutto bello e giusto, ma sai? Ho quasi quarantanni. Sono fuori dal tunnel del divertimento da un bel po'! Quindi, e qui la cosa si fa interessante, puoi scrivere per parlare di altro. Per parlare delle tue insofferenze, del momento di smarrimento di fronte alla vita, di precarietà sentimentale e di solitudine umana senza un ben preciso appiglio. Quando la fine arriva siamo soli, con la paura e la speranza, ma soli.

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Sono queste le sensazioni che si provano leggendo codesto brevissimo romanzo o racconto lungo, che vede all'opera una giovane di grande talento: Francesca Fichera. Una delle firme di punta del blog "Cinefatti", appuntamento imperdibile per ogni amante del cinema. Autrice anche della sceneggiatura di LV- 225, un corto di genere fantascientifico che ha debuttato al Festival di Cannes due anni fa. Mica " matrimonio al sud" eh!
Cosa narra, dunque, codesto romanzo breve/racconto lungo? Della fine, o di una fine. Del mondo, ovviamente, ma anche dei rapporti umani che si sgretolano nonostante si voglia mantenerli forti e duraturi. Non conosciamo il nome dei protagonisti, non è dato saperlo, nemmeno fino in fondo le loro relazioni. Sappiamo solo che la protagonista si ritrova nel bel mezzo di un'apocalisse. Il tempo sembra impazzito, il mondo un posto cattivo e violento. Carcasse di animali, di cadaveri, nuvole per nulla innocue, un vento che fa impazzire e spaventare. Cosa è successo? Non lo sapremo mai. Il tutto avviene: ora e qui. In un presente eterno, rimandato troppe volte, ma la morte non puoi rimandarla, nemmeno la feroce speranza di salvarsi.
Perché quando ti sei salvata e forse è arrivata la pace, eterna o momentanea non si sa, cosa porti con te? Quando un evento doloroso e devastante mette in crisi il tuo mondo, come puoi salvarti?
Francesca è bravissima nel metter in scena suggestioni, percezioni, stati d'animo . Una scrittura essenziale, implosiva, che assorbe il dolore e lo restituisce apparentemente ovattato, ma nella sostanza brutale. Non rincorre facili orrori e scene ad effetto. Perché a lei il genere serve per dire altro. Qualcosa di sé, come ogni scrittore e scrittrice di talento o come Moretti,  qualcosa che forse non riesce a spiegarsi o non vuole spiegarci, oppure è solo una splendida istantanea su un momento preciso: pochissime ore. Nel quale il mondo muore e rinasce e noi rimaniamo storditi: Nella Luce

mercoledì 17 giugno 2015

MY LITTLE MORAY EEL di LUCIA PATRIZI

Molto probabilmente, anzi sicuramente, Sam Peckinpah mi offrirebbe una birra: " Eccolo un altro romantico, che pensa ai bei vecchi tempi andati, dove c'erano uomini, sudore, sangue, codici morali ben precisi" probabilmente sono la gioia di tutti i vecchi che ti dicono: " Si stava meglio quando si stava peggio". Probabilmente è così.Il mio rapporto frustrante e frustrato con la tecnologia merita uno spazio a parte. Frutto di pigrizia, romanticismo, tante cose. Nondimeno le nuove tecnologie possono venirmi in aiuto. Tu pensa, ad esempio, non avessi preso il Kindle, mica avrei potuto leggere codesto ottimo romanzo.
Che si fa in fretta a dire : "Oh bimbi, l'è morto il romanzo. Boia dé" Molto in fretta. E a ben vedere non avresti nemmeno così tanti torti, a dirlo! Ma come sempre la vita è più complessa, contraddittoria, sicché non è proprio morto. Non starà benissimo, ma respira ancora, via!

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Quindi per la mia prima lettura usando le nuove tecnologie, ho scelto codesto libro. Anzi: codesto e book.
Per quale motivo? Stima assoluta per l'autrice, validissima blogger che da anni si occupa con grande serietà e passione di cinema horror (www.ilgiornodeglizombi.wordpress.com) e che già mi aveva conquistato con un'altra storia. Ma appunto, è altra storia, ne parleremo un'altra volta.
Ora il genere è un terreno che ti offre due possibilità: o sei fedele alle regole, stereotipi, luoghi comuni, e punti alla totale immersione in un mondo di avventura, azione, orrore, o prendi il genere e ci fai qualcosa. Entrambe le scelte sono buone e valide. Dipende dal come .
Per me codesta cosa è fondamentale: tu puoi aver a disposizione la migliore delle storie, ma non saperla raccontare. Tu puoi aver a disposizione una storia anche non originale, ma aprire a suggestioni, interpretazioni, commozione ed empatia.
Questa capacità di saper gestire il come, a mio avviso, ti rende un autore. In questo caso autrice

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Lucia ci porta in questo universo sospeso tra un mondo che conosciamo e il "fantastico", tra le tappe dell'umanità, l'infanzia-adolescenza-vecchiaia, e mostri marini. Tra horror e una diffusa malinconia gucciniana, di sentimenti dispersi, di rimpianti, di legami forti eppure ostacolati da una serie di situazioni e complicazioni. Il senso implacabile di un tempo, di scelte, di coscienze che in un modo tutto loro sono immacolate
C'è l'umanità in tutto il suo fragile splendore in questo romanzo. Umanità che l'autrice è bravissima a trasportare, costruire, mettere anche nelle creature mostruose e nelle bestie. Questa è una decisione che ci fa comprendere molte cose.Questo non voler dividere in buoni e cattivi, ma mischiare le carte, sono il chiaro segno di una visione del mondo non manichea, non standardizzata, di empatia verso l'altro, che a mio avviso in uno scrittore, o artista in senso generale, non dovrebbero mai mancare. Salvini e Hitler scriverebbero solo minchiate, il secondo l'ha pure fatto.
Noi temiamo Quelli degli abissi, temiamo le murene, ma allo stesso tempo proviamo anche una sorta di pietà e compassione. C'è una parte molto bella, di sterminio tramite bombe di luce, di queste creature, che ci commuove profondamente. Noi non ci ritroviamo tra i soldati che annientano il pericolo, noi stiamo morendo male come quei "mostri"
Mostro che significa? Come fai a riconoscerlo? Esso è colui il quale compie solo azioni aberranti? E quante buone azioni per validissimi motivi, hanno bisogno di mostruosità?Mi ponevo codeste domande leggendo il romanzo della Patrizi.
Ma di cosa parla questo ottimo romanzo? La storia di Sara, della sua capacità di saper comunicare con i pesci, di una persona sospesa tra il suo mondo, della sua specie, e quello degli abissi, dove in realtà si troverebbe a casa, ma non è "dei loro". Personaggio sospeso, ma non irrisolto. L'autrice ci rammenta che spesso anche noi ci sentiamo così: tra quello che siamo perché ci siamo nati e un altro mondo dove ci sentiamo realizzati e capiti.
Sara si trova in mezzo a una guerra spietata tra gli umani e delle misteriose creature, chi deve aiutare? Chi non deve tradire?Ora il mestierante, l'imbonitore di fiera, che spesso troviamo in codesti contesti avrebbe spinto su azioni e colpi di scena legati allo schock, all'azione che toglie il fiato, sperando di esser un novello Miller e finendo con l'esser il peggior Cozzi. Qui invece azione, orrore, si unisce sempre e comunque a una grossa attenzione per i personaggi. Persino durante un attacco da parte delle creature a una nave dell'esercito italiano, in poche righe, comprendiamo molto di Sara e del "cattivo" Dr Florenzi. Non c'è un cattivo a tutto tondo, ma in un rimando al Ray Milland dell'Uomo a Raggi x , uno scienziato che perde l'equilibrio morale per l'amore assoluto, grottesco, deformante per la sua disciplina e le scoperte che una certa situazione possono portare al genere umano, anche in modo positivo.

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Ma prima di tutto, My Little  Moray Eel, è una struggente storia d'amicizia e quindi d'amore. Tra Sara e Lui, il cucciolo e poi adulto di murena, entrambi indecisi sulla loro posizione nella guerra fra le loro specie, entrambi "disadattati", entrambi che prendono decisioni giuste e sofferte, per cuore.

Questo romanzo è avvincente sia da un lato puramente di genere, che - e per me è importante- per tutto quello che ci dice, mostra, fa sentire, e che va oltre alle regole fisse di un certo tipo di raccontare
Cose che sanno fare i grandi autori, cose che mi era capitato di leggere nel bellissimo La Morte Mormora, di Fabrizio Borgio. E che ho ritrovato in questa splendida storia.
Insomma acquistatelo!

lunedì 22 luglio 2013

IO SONO LEGGENDA di RICHARD MATHESON ed Fannucci









Esiste eroe più tormentato,dolente,sottoposto a un destino sadico e a una resistenza pleonastica, tanto quanto Robert Neville? No, non credo. Leggendo questo celebre romanzo del popolarissimo maestro del fantastico e non solo Richard Matheson, si avverte il peso durissimo di un'esistenza travolta dalla fine di una società, di un mondo, per colpa di un virus che trasforma gli abitanti in vampiri.
L'isolamento soffocante non si avverte in nessuna altra opera,tanto da risultare disturbante anche per il massimo realismo della messa in scena
Robert vittima dei suoi istinti sessuali che non riesce a controllare,che si applica studiando le origini del male come se potesse debellarlo,sconfiggerlo, i ricordi della moglie e della figlia che lo tormentano,la musica ad altissimo livello ..E la solitudine. Che diventa cosa concreta, tangibile, la senti tutta e fa male. Molto male.

Neville ha la stessa potenza dei grandi personaggi tragici che troviamo nei classici,è veramente una leggenda fatta di carne ed ossa. Si porta con sè una lugubre e mortale resistenza. Ultimo uomo della nostra razza, consumato dai ricordi,dai desideri, spietato assassino diurno di vampiri, è l'uomo che si illude di poter sopravvivere perchè si abitua alla "solitudine",ma come sappiamo è assolutamente impossibile. Siamo animali sociali, pur con mille contraddizioni,ma non siamo fatti per rimanere soli.
Tanto che nelle pagine più strazianti e commoventi, Robert che cerca di allevare un cane. Ecco qui cogliamo due cose: 1) ma quanto sono pirla ad aver scoperto solo ora la grandissima qualità di scrittore di Matheson, 2)come si deve creare pathos e dolore anche senza un linguaggio pomposo o scene madri strazianti.
Basta un uomo che dopo tantissima solitudine,dopo una caduta nei pensieri più neri,dopo un quotidiano dolore, scopre di avere dei sentimenti. Ed è dolcissimo,tenerissimo,ma non volgarmente "buonista", non c'è nulla di ricattatorio. C'è solo tutto il bisogno di amore che ogni uomo ha , da donare a qualcuno. In questo caso un povero e malandato cagnolino, assurge a simbolo di speranza. E tu lettore ci credi,tifi affinche qualcosa di buono capiti al povero Robert..se sto cazzo!
Ti arriva una mazzata clamorosa! Comprendi come la divisione genere o altro talora sia labile,anche se necessaria perchè tutti e tutto devono essere etichettati,catalogati,inseriti in preposti contenitori e spediti dove sappiamo benissimo. Non amo la confusione  e le teorie del mischiare alto e basso. Io punto solo in alto e anche nel genere cerco i vari Autori, non i mestieranti. Cioè quel gruppo di scrittori,registi, che usano un genere e lo innalzano a livelli artistici clamorosi, non raccontando una semplice storia,ma regalando suggestioni,riflessioni,metafore.






Questo è esattamente il romanzo di Matheson, uno sguardo durissimo sull'involuzione umana, sul confine fragile tra bene e male, ragione e follia, con un finale apocalittico e crudele che vede l'estinzione del nostro genere e una guerra spietata tra vampiri e infetti. Una nuova razza nasce,ma è violentissima e feroce,disumanizzata,anche se ne ha la forma.

Raramente capita di leggere un libro così amaro,rimanendo nei confini della letteratura popolare e di genere
Poche volte abbiamo a che fare con un personaggio così complesso e profondo come Robert Neville, e ancora meno ci capita di leggere un finale tanto feroce e crudele,quanto dolcemente naturale,accettabile.

Tanto bello e importante il romanzo,quanto è sfortunata la sua vita al cinema. Tolta la versione girata in italia con Vincent Price, (l'ultimo uomo sulla terra),che ha un suo inquietante fascino,il resto è veramente lammmerda eh! Quella con Heston , (occhi bianchi sulla terra) è soporifera e letale,almeno per me

Cinema e letteratura sono due arti fondamentali,ma hanno diversi modi di intendere il come metter " in scena " una storia e credo che un libro così cupo e a suo modo intimista come questo ,sia poco presentabile al cinema. Si,ci sono i mostri,ma quello è il dito per gli allocchi,la sua natura segreta e intima è nella disintegrazione della società e degli individui
E ci riusciamo benissimo da soli.